mercoledì 3 novembre 2010



È successo quello che doveva succedere.

Ci siamo addormentati,
perché è venuto il sonno
a fare il nostro periodico ritratto.

E per somigliarci a noi
più che noi stessi, ci vuole fermi,
che appena respiriamo,
e mobili ogni tanto,
come un tratto sicuro di matita.

Ecco chi siamo
la viva immagine di una
distilleria abusiva che
goccia a goccia
secerne puro spirito.

Noi dietro una colonna ridevamo per l'aneddoto,
e ci contrastavamo amabilmente
su aria,
fiato e facoltà vitale,
su brio d'intelligenza,
sull'indole e sull'estro,
soffio,
refolo,
vento e venticello,
sull'essenza e sulla soluzione,
sul volatile e sulla proporzione,
sul naturale e sul denaturato.

E poi sulla fortuna.

La fortuna non c'entra
quando una cosa
per terra si posa.

E vale sia per l'estetica
che per l'allodola.

E lei continuava a ritrattare.
A ritrattare quindi.

E la reale
e doppia fisionomia nostra
spariva via
come una coppia annoiata di
visitatori da una mostra.

Noi dietro le sue spalle
ridevamo per l'aneddoto
mimetico,
drammatico,
faceto,
ditirambico,
e ci contrastavamo amabilmente
su verde, rosa e viola del pensiero,
su mente giudicante,
su lampo e riflessione,
e sul limpido e il cupo e il commovente,
su coscienza e su allucinazione,
sulla celebre cena e gli invitati.

Colori che divorano colori
se lo spirito s'eccita,
per caso esilarando,
oppure ardendo,
bruciando bruciando.

E chi dei due
ha le parti fredde

cercando le tue.




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