a me l’estate sta larga. tutto questo tempo vuoto che non so come
riempire. è così libero che non lo sopporto. l’etimologia della parola
vacanza: ‘vacans’, vacuo. io soffro di vertigini: il vuoto mi dà nausea.
e mi spaventa. sarà che per navigare, ne sono convinto, serve sempre
una rotta. evidentemente, anche a star fermi si ha bisogno di un’àncora
.
sono prigioniero di un’ottica tale per cui tutto ciò che è libero è
inutile. mi sdraio al sole cosparso di olio alle mandorle, passano
cinque minuti e mi dico ‘che fare?’. il caldo mi scioglie i buoni
propositi. affievolisce il mio già scarso entusiasmo. non c’è niente,
nella calura estiva, che susciti in me un interesse tale da portarmi a
vincerla.
tutto quello che salvo dell’estate è l’odore del mare. ti accarezza le narici come una promessa. un marinaio che ti giura libertà e poi mica te la mostra. che ti dice ‘so dov’è il tesoro’, e poi ingoia la mappa.
c’è odore di mare persino in aeroporto. mica come quello di carburante che mi accoglierà. l’odore risoluto e confortante delle mie catene.
alzo gli occhi. il paesaggio è un pugno nell’occhio. così duro da
accecare. una distesa di cemento. la gente brulica per strada, corso
buenos aires affollato per i saldi, la borghesia che pullula, tutti in
lizza per l’occasione, spendi compra e non pensare. il cielo di un
azzurro stanco, un enorme sbadiglio di fronte a uno spettacolo già
visto. i blu del salento, strascichi elegiaci, drappeggiano già dietro
la mia schiena. il traffico un lunghissimo serpente di lamiere. e io
sono solo una squama.
è questa l’illusione che regalano le grandi città: ti fanno credere di essere protagonista, attore, parte fondamentale, quando invece non sei altro che comparsa, dipendente di un alveare, l’ennesimo mattone nel muro del rumore.
tu pensi di giocare. la verità è che il gioco sei tu.
è questa l’illusione che regalano le grandi città: ti fanno credere di essere protagonista, attore, parte fondamentale, quando invece non sei altro che comparsa, dipendente di un alveare, l’ennesimo mattone nel muro del rumore.
tu pensi di giocare. la verità è che il gioco sei tu.
una vampata di nostalgia. la mia mamma che sta sveglia per
controllare che io dorma, , i colpi di tosse del mio papà e il mio
prontamente ‘non fumare’, la mia compagna di spiaggia che mi invita a
non scappare e a godere del tempo e del mare. il mio amico. il primo che
ho visto e l’ultimo che ho salutato. che quando mi abbraccia mi stringe
forte e respira a fondo, e io invece non respiro più. perché ci sono
cose così larghe da lasciare senza fiato. come l’estate.
ma a me l’estate sta larga. preferisco settembre. e se c’è una cosa che mi sta cucita addosso è la sua sagoma. quella sensazione di nuovo, quell’odore di carta, quel vecchio caro entusiasmo di ricominciare. le mille cose da fare, le sciarpe di cotone, addormentarmi stanco la sera e svegliarmi dentro te nel grigio di un mattino che chi se ne frega. qui dentro ci siamo noi, così, senza colore.
e la mia casa è il tuo petto.
ci sono case grandissime ...
RispondiEliminaIl tempo libero spiazza perché si rimane soli con se stessi. E' l'occasione per ritrovarsi, per assaporare la solitudine, o la compagnia.
RispondiElimina