il lunedì piango.
è la terza volta.
vado a dormire senza voglia di
svegliarmi,
e poi mi sveglio triste,
e guardo il vuoto, ché vuoto mi
sento. vuoto di parole.
o forse così pieno da scoppiare.
ricapitolando: mai ricascarci. l’imperativo è: mai ricascarci. perchè:
a.1) ti sei preso una mazzata allucinante.
a.2) sei sull’orlo del prendertene un’altra.
b.1) hai pagato il prezzo delle malelingue.
b.2) rischi di ridarti in pasto a gente troppo stupida.
parallelismi. e l’esperienza passata uguale e contraria dovrebbe fare da controspinta psicologica, se non altro in base alla teoria della prevenzione speciale. senza nessun ‘invece’.
non piango sul tempo passato, sulle occasioni perdute, sui rimorsi,
sugli insulti, sulle parole morte in gola senza degno funerale.
piango sull’amore sprecato. quello non ricambiato, quello perduto, quello sbagliato, quello nascosto, quello rifiutato. quello che chi ha il pane non ha i denti e viceversa.
piango sull’amore sprecato. quello non ricambiato, quello perduto, quello sbagliato, quello nascosto, quello rifiutato. quello che chi ha il pane non ha i denti e viceversa.
quello che dice di essersi arreso.
quello che ha imboccato la strada sbagliata e si è perso. quello che non
sa che direzione imboccare e allora resta lì a formicolare muto, in
attesa di un segnale.
piango perchè mi sovviene che l’amore sprecato non solo va perduto, ma fa perdere chi lo cova. fa smarrire la bussola. l’amore sprecato è un etere. al risveglio non sai bene chi sei. ricordi un sogno e un vago dolore.
si dice che l’amore non sia mai sprecato, ma è solo una bugia, una
patetica bugia per non guardare in faccia la realtà che l’amore è un
gioco a perdere, e alla fine di ogni cazzo di storia si resta nudi,
perchè il banco vince sempre.
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