questa è una di quelle notti che mi piacerebbe starmene seduto per
terra,
in balcone, con le gambe tra le sbarre della ringhiera, a
penzoloni nel buio,
nel vuoto.
guardare il vuoto di sotto di sotto
e il cielo di
sopra,
e contare gli universi nell’una e nell’altro.
poi, come un
disgraziato,
rimboccarmi il mio lenzuolo d’acqua.
e non saperti
lontana. perché non ne ho voglia.
non ho voglia di saperti lontana da me.
non ce l’ho mai avuta.
ma mi ci
son dovuta abituare.
e ti ringrazio, di cuore, di avermelo imposto.
lungo le dita mie soltanto colava il succo di quell’amore,
un pomo
proibito assaporato in un angolo buio di Eden.
volevo che il pensiero di me ti capitasse tra le mani,
come quei libri
che cambiano la tua prospettiva delle cose,
che cadono dagli scaffali
per dirti ‘sono qua, come hai fatto a non vedermi?’. ma sapevo che non
avresti mai avuto il coraggio di leggermi.
i miei capelli neri sono nastro isolante per pensieri.
i miei pensieri neri coagulano su un foglio.
i fogli si accumulano alle spalle di te che cammini.
dormire sempre meno, sognare sempre più.
i miei pensieri neri coagulano su un foglio.
i fogli si accumulano alle spalle di te che cammini.
dormire sempre meno, sognare sempre più.
ricerco con devozione la mia Gerusalemme
-una terra santa dove poter
lasciare riposare il cuore-
nonostante nessun dio me l’abbia promessa.
ma nel frattempo, ho questa libertà bellissima, profonda e indipendente.
una libertà gatta che ogni tanto si fa le unghie sul cuore.
e tra i
miei comandamenti non c’è più il tuo nome.
ignorando
il nodo che mi si stringe in gola ogni volta che penso a tutto ciò che
ho barattato in cambio di quei tuoi occhi sintetici.
eppure, se ti incontrassi adesso per la prima volta, temo che mi innamorerei lo stesso. di nuovo. disperatamente.
perciò, guai a te se torni.
perciò, guai a te se torni.
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