succede sempre così.
vedo un libro su uno scaffale, non mi dice niente, ce lo lascio. poi torno indietro e lo ripiglio. poi magari lo rilascio, e dopo lo riprendo.
vedo un libro su uno scaffale, non mi dice niente, ce lo lascio. poi torno indietro e lo ripiglio. poi magari lo rilascio, e dopo lo riprendo.
alla fine di un lungo tira e molla, mi convinco e lo compro.
lo metto lì, nel mio studio, sullo scaffale, insieme a tutti gli altri, e
lo lascio aspettare di essere scelto.
quello di cui non mi rendo conto è che in realtà sono io che sto aspettando, e che è lui che sceglie il momento giusto per essere letto. un giorno qualunque, ma un giorno giusto, per suscitare in me quella improvvisa voglia di leggerlo. perchè i libri sono specchi cartacei, e scelgono loro quando fartici guardare.
stasera, per sollevare un po’ il Mac mentre parlavo in skype, ci
ho messo sotto tre libri. dal basso verso l’alto: "educazione Siberiana’, di Lilin ; ‘Ulisse’ di Joyce; e per ultimo, in cima, ‘la
solitudine dei numeri primi’, di Paolo Giordano. quando ho smontato il
piccolo piedistallo, qualcosa m’ha detto di iniziare a leggerlo.
ho finito adesso.
ho finito adesso.
quel libro siamo noi.
‘vicini, ma mai abbastanza per toccarsi davvero.’
ti prego,
vieni a prendermi.
vieni a prendermi.
[e di nuovo si fa giorno.]
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