lunedì 26 agosto 2013



dò da bere un po’ d’inchiostro ai miei pensieri di cristallo. 
si riempiono solo a metà.
 
il sole avvolge e scalda ancora questi giorni di un agosto impegnato per finta.
stanco per finta. 
in realtà, cosa c’entra? c
i vorrebbe il grigio di un cielo. un po’ di pioggia. un respiro.
 
vuoto. mancanze. nostalgie. [illeggittime.]
 
sei una splendida menzogna.
amami tanto. io non riesco.
oppure scegli un pretesto.
e non tornare.
 
 
 
 
 
 

domenica 25 agosto 2013

sabato 24 agosto 2013



distante. nei dedali della mia mente, 
ma finalmente vuoto di pensieri. il cuore come bussola. 
un orologio anarchico. il cellulare spento.

eppure, nel buio che ho creato, 
tu sei fosforescente. risplendi in mezzo al nulla. 
in mezzo a tutto il resto che non conta. 

ed io, rassegnato e folle, 
sempre e per sempre t’accompagno, 
riempiendo le tue valigie, 
come un cdompagno consapevole . tra passione e gelosia.

al bando le moviole. so com’è andata la mia vita. 
c’ero io dentro. ero io quello che scappava con te. 
ero io quello che scappava da te. 
ero io quello che scappava da me. 

non sono qui per capirmi. 
solo per guardarmi da lontano.

i miei pensieri neri coagulano su un foglio. 

disegno nuove sfide. 
sfoglio nuovi obiettivi. 
sventaglio nuova forza.

bevo tanto, 
mangio troppo, 
e fumo ancor di più. 

i vizi sono squallidi surrogati. 
cerchiamo di riempirci di sapori che vagamente ricordino ciò che ci manca. 
e ancora sete, 
e ancora fame,
 e ancora fumo, 
e ancora te.


il punto è che tu non somigli a niente.
neanche a me.



giovedì 22 agosto 2013



settembre è un mese bellissimo per ricominciare. l’ho sempre pensato.
la scuola iniziava al momento giusto. schiudeva i cancelli un po’ dopo la tregua del caldo, coi suoi bidelli in divisa, i suoi banchi usati, quel suo odore semiserio di fogli protocollo, e aveva l’aria di chi ti dice ‘adesso giochiamo a fare sul serio’.
il teatro ci apriva le porte come a dirci ‘perdono’, e ci riaccoglieva nell’utero del suo proscenio. ché noi stavamo bene lì. come mai nati.
è più bello, a settembre, ogni mattina, alzarsi, vestirsi, uscire e perdersi tra i palazzi. ha un senso diverso. un piacere diverso. anche questa mattina l’ho fatto. ma stamattina era diverso. sono abitudini confortanti. innaffiate dall’ingenuo entusiasmo di chi ripassa dal via e s’illude di ricominciare.
ho buttato via alcune cose, ne ho comprate delle altre, ne ho spostate delle altre, ne ho create delle altre ancora. la testiera del letto l’ho buttata via. la televisione no. ho pensato: ‘la rottamo’. ma non riuscivo a trovare qualcuno che la rottamasse. così ci ho scritto sullo schermo ‘whatever’, ci ho incollato sopra un quadro capovolto e ne ho fatto un tavolino. che è fragile, e non durerà, ma è sempre meglio di una stanza vuota.
ho richiesto una linea telefonica, pagato tre bollette, comprato due libri e quattordici t-shirt. ho pulito i mobili e ho dato loro una nuova disposizione. quella di prima era automatica. io sono fatto per pensare.

settembre. un respiro. belle speranze. il fresco che ringiovanisce. il vento che solleva i capelli e soffia un po’ in faccia un po’ alle spalle. settembre con quel suo ‘sette’ all’inizio, il settimo giorno dio si riposò e lasciò fare a noi, con le sue foglie sature di sole che si arrendono alla terra e muoiono volando, e si risveglia la fantasia nel vestirsi perché ci si può vestire di più, e si ritorna sempre a qualche cosa, e si fatica solo da seduti.
la metro forse è piena, forse è vuota, non lo so. non vedo. non ci vedo più. ciò che mi acceca è il fatto che sto tremando. di nuovo. dopo un sacco di tempo. tremare è una cosa che mi capita spesso quando sono nervoso, quando sento che sto per perdere qualcosa. il tempo, la speranza, la pazienza, una persona.  sopra di me metri e metri d’asfalto e io che mobile mi sento seppellire da questa città e dalla sua maestosa apparenza.
quando sono venuto al mondo sono rimasta così meravigliato che non ho parlato per un anno e mezzo.

non so se sia vita questa in cui si corre, si misura, si pranza-caga-prendeilcaffè-fuma in mezz’ora e talvolta sui mezzi, si studia nei magazzini con la metro che passa dietro il muro su cui poggi la schiena, si esce al mattino, si torna alla sera e ci si addormenta subito, stanchi, sfiniti. ma se io morissi domani morirei in una vita felice. perché la mia vita è così che l’ho sempre sognata: piena. faticosa e bellissima. e mi si cuce addosso, giorno dopo giorno, un po’ stringendo, un po’ allargando, non sempre perfetta, ma senz’altro giusta.
morirei felice. tutto quello che si poteva fare è stato fatto. e tutto quello che ti dovevo dire te l’ho detto. tu che mi hai insegnato a parlare. ed io che ho imparato. una parola alla volta. ciao. chiamami. usciamo. fame. carezza. gelato. bisogno. grazie. prego. viaggio. bisogno. segreto. violenza. fidati. scusa. per favore. vaffanculo.
oggi è giovedi 22 agosto. sono le tre e due minuti. . ma questa volta non  nell'aria c’è odore di pizza, come la faceva mia mamma, in casa, quando io ero bambino.
secondo me il senso della vita è appartenere. c’era un filosofo che diceva che il dolore va affrontato da soli, perché è un sentimento che basta a sé stesso, mentre la gioia no, la gioia va condivisa. e per avere una vita felice, o quanto meno gioiosa, abbiamo costantemente bisogno di qualcuno con cui si possa condividere, qualcuno che sia disposto a prendersi metà della nostra felicità anche quando questa non lo riguarda, qualcuno su cui sappiamo di poter contare, qualcuno che ci appartenga. non come un oggetto, o tramite un vincolo, ma naturalmente, come una parte del corpo, un organo, un respiro.
e so che impazziresti se io morissi domani. perché sapresti che sono morto di te. e che di tutti i miei respiri saresti stato l’ultimo. il più grande.

settembre è un mese bellissimo per ricominciare. allora facciamolo. ricominciamo. io e te. perdiamoci di vista e poi incontriamoci, e conosciamoci di nuovo, e rifacciamo tutto dall’inizio, anche allo stesso modo, non importa, ma daccapo.
se ci amassimo di nuovo, ci ameremmo bene

mercoledì 21 agosto 2013



sanguino
in libera uscita,
ed è la ferita
che porto sul cuore
che porta il tuo nome,
seviziatore.
figlia di scrupoli,
di squallidi alibi
per non amarsi.
eravamo
noi.
io e te.
chi dei due
aveva in mano
il coltello? 


giovedì 1 agosto 2013



la strada che mi conduce da te non è affatto semplice. 
è tortuosa, 
irta, 
 accidentata. 
il vento ci soffia sopra e spazza via tutto. 
eppure, sul ciglio, ci crescono i fiori. 

la strada che mi conduce da te non è affatto facile, 
ma è dritta, 
e porta dritto a te.
 conduce alla tua porta.
 ma io, come sai, non oso bussare.

 preferisco lasciarti un pezzo di me e andare via. 
e farti scoprire che c’ero. 

cucirti un sorriso. 



 immaginarti indossarlo.