sabato 31 maggio 2014



"Eravamo due persone in macchina che non parlavano. Penso che sia stato uno scrittore francese a dire che percepiamo quando l’amore nasce e quando tramonta dall’imbarazzo che proviamo stando soli insieme"

(Simon Van Booy)

Perché quel silenzio allora è rumoroso, sussurrante, quasi assordante: dentro, c’è tutto quello che non ci siamo ancora detti. E quello che adesso non ci diremo mai.





venerdì 30 maggio 2014





CROSTATA DOPPIA AL CIOCCOLATO
Frolla:
200 g di burro freddo
130 g di zucchero (meglio a velo)
50 g di tuorli
300 g di farina 00
30 g di cacao in polvere non zuccherato (io uso il Nesquik...)

Crema Pasticcera:
250 g di latte intero
75 g di zucchero semolato (meglio se extrafine)
50g di tuorli
25g di farina 00
vaniglia (se piace)

Per la ganache:
125 ml di panna freschissima
200 g di cioccolato fondente

Preparazione:
 1) Lavorare in una boulle il burro a pezzetto freddissimo, la farina, il cacao e lo zucchero al velo, fino ad ottenere un composto sabbioso. Aggiungere i tuorli e lavorare finchè l'impasto risulta bello liscio e omogeneo. Le mani devono restarvi pulite! Formare una palla, avvolgere nella pellicola e lasciare riposare il frigo una buona mezz'oretta.
2) Preparare la crema: In una pentola mettere lo zucchero, i tuorli, la vaniglia e la farina. Impastare con una frusta. Stemperare con il latte freddo poco alla volta. Mettere sul fuoco bassissimo e far cuocere finchè non vela il cucchiaio. Vedrete comunque che si rapprende e si forma la crema.
3)Preparare la ganache: versare la panna in un pentolino insieme al cioccolato a pezzi e mettere sul fuoco a fiamma bassissima. Non togliere dal fuoco finchè il cioccolato non sarà completamente sciolto.
Avrà un apsetto stupendo e vorreste mangiarvelo tutto così: aspettate.
Unire la ganache alla crema pasticcera e mescolare bene.
4)Stendere la frolla in un disco con l'aiuto di un 'asse di legno e di un mattarello e foderare lo stampo per crostate precedentemente imburrato e infarinato. Versare la crema ottenuta nel guscio di frolla.
Con gli avanzi di pasta formare strisce i disegni con cui decorare la superficie.
Cuocere in forno già caldo a 180° per 40 minuti circa.

(NB: le dosi sono per una sola torta! Se ne volete due raddopiatele)

Non mangiatela se poi dovete fare gli esami del sangue.


(inverno:mi manchi)




 


giovedì 29 maggio 2014




"Then I walked across the street and caught the Sunday smell of someone frying chicken.
And Lord, it took me back to something that I'd lost somewhere, somehow along the way."


 
Johnny Cash, "Sunday Morning Coming Down" 




mercoledì 28 maggio 2014




"Se ci innamorassimo solo delle persone che sono perfette per noi, la gente non perderebbe tanto tempo a parlare d’amore."

Amor Towlws 







martedì 27 maggio 2014




"Un tempo, le coppie di amanti prima di separarsi cercavano una stella, su cui i loro sguardi la sera potessero incontrarsi. Che cosa dobbiamo cercare noi? Il cielo almeno non possono dividerlo… Sì invece, disse lei piano. Il cielo è sempre il primo a essere diviso." 

(Christa Wolf) 





lunedì 26 maggio 2014




Leonard Cohen

Viaggio 


Amandoti, pelle contro pelle, ho pensato spesso
Di viaggiare senza un soldo fino a qualche trono di fango
Dove un maestro possa insegnarmi come condurre
La mia vita lontano dal dolore, per il solo amore
Nell'abbraccio indolore di pietra e lago.
Smarrito nella distesa dei tuoi capelli non sono mai stato smarrito
Abbastanza da smarrire la strada che dovevo percorrere;
Senza fiato accanto al tuo corpo non ho potuto rispettare
La volontà che mi proibisce patti, voti
0 promesse, e spesso mentre dormivi
Ho scrutato con sacro terrore la tua bellezza.
Adesso
So perché molti uomini si sono fermati a piangere
A metà strada tra gli amori che lasciano e cercano
E si sono chiesti se il viaggio li conduca da qualche parte
Gli orizzonti assumono la morbida linea della tua guancia,
Il cielo ventoso è una cornice per i tuoi capelli.





 

domenica 25 maggio 2014






"Io sono il ragazzo con la valigia.
E ho un cappotto blu
vado di notte.
Su questo lungomare che è la vita.
E il vento batte sulle palme scardinate
la pioggia batte sulle stagioni andate
il mare scardina le barche di immigrate.
Io sono qui. Ti aspetto alla frontiera.
Al guinzaglio dell’orso della luna,
il fango nelle mani, per fare un neonato.
Tu aspettami inchiodato, nella sera".





sabato 24 maggio 2014




"Quello che ogni donna dovrebbe avere in borsa.
Mia madre mi ha dato la preghiera di Santa Teresa.
Ho aggiunto un vecchio biglietto della metropolitana, kleenex,
mentine, un assorbente, pesetas,
un fiorino. Non mi aspetto niente, sia chiaro,
ma del resto non mi fido di te, quindi: una confezione da 3.
Ho una penna. C’è spazio per il mio angelo custode,
ma dovrà piegare le ali. Il passaporto.
Una chiave. Ansia, per quello che (non) ho detto
quando una volta (non) avevi bisogno di me. Un analgesico.
Una carta di credito. Il suo viso l’ultima volta,
la mia impazienza, la mia inutile giovinezza.
Quel sacchetto vuoto, il mio cuore. Una scatola di fiammiferi". 

-Maura Dooley-





venerdì 23 maggio 2014



Le lacrime scendono, e sono parole. Le lacrime sono sempre parole, e chi ti ama sa tradurle, e indovinare quando piangi per venire a dirti di farlo finché ne hai bisogno.
Scendono con naturalezza, come se piangere fosse la cosa più inevitabile del mondo.


Una sorta di parto necessario. 


Dicono che il dolore sul lungo periodo serva a qualcosa.


Io faccio parte di quella categoria di persone che se potesse lo cancellerebbe. Cancellerei i ricordi, anche quelli meravigliosi, pur di avere un pò di spazio nella mia vita, ché adesso tutto è occupato, e io non ho spazio per muovermi, né per respirare.


Le membra pesanti, lo stomaco in fiamme, la testa che scoppia, ogni gesto risulta faticoso come una scalata, e me ne rendo conto all'ora di pranzo, e di cena, e di pranzo, e di cena, che alcuni gesti considerati normalmente necessari diventano superflui, eliminabili, addirittura fastidiosi. E allora si saltano, perché la conservazione del tempo diventa vitale, perché quando si piange si cerca di farlo il più possibile in modo da consumarsi completamente, noi e le lacrime, e in fretta, fino a scomparire.


Ma le mie lacrime sono inesauribili.


Ho conosciuto una persona, una volta, che piangeva senza lacrime.
Sono stato anni col dubbio che quelli non fossero veri pianti.
Solo adesso capisco che forse avevo ragione.

Soffrire mi porta a diventare più presuntuoso di quanto non sia già.
Soffrire così mi dà l'automatica certezza che il mio dolore sia il più forte che esista.


In questo momento io sento di soffrire come nessuno sulla Terra, e mi faccio forte di questo primato, ché almeno sono primo in classifica da qualche parte.


Nessuno soffre tanto e bene come me, nessuno riesce a farsi annientare come ci riesco io.


La purezza del mio dolore mi permette di guardarci attraverso e di lasciar cadere tutto ciò che ho intorno in modo da sfracellarlo.


Il dolore senza autodistruzione non è niente.


E io sono il primo.

il primo della classe


giovedì 22 maggio 2014



"C’è poco da stupirsi che ci siano tristezze e pensieri notturni e rimpianti e farfalle di ricordi che le frullano attorno per mezza giornata, e lo sgaiattolare del passato fuori dalle credenze". 

(Joseph O’ Connor) 

Di notte, quando non riesci a dormire, dalle credenze, tra i piatti e i bicchieri scompagnati, escono - senti come sussurrano? - anche i ricordi.

(La frase è tratta da "Una canzone che ti strappa il cuore", di Joseph O’ Connor, edito da Guanda. La storia, vera e romanzata insieme, di un amore: quello tra Synge, drammaturgo irlandese di inizio Novecento, e la giovanissima attrice Molly Allgood. Raccontato da lei, sola, vecchia e alcolizzata, a Londra. Un amore osteggiato, brevissimo, indimenticabile. Uno di quegli amori che non ci lasciano mai: che rimangono con noi per tutta la vita





mercoledì 21 maggio 2014





Je suis l'empire à la fin de la dècadence
oiui regarde passer les grandes barbares blanc
en camposant des acrostiches indolents
d'un stile d'our òu la laggner du soleil dans



È triste il silenzio, lo è ancor di più quando si è costretti ad accettarlo, quando non hai alternative, quando pensi che sia l’unico modo di dire qualcosa. Nel silenzio sono i ricordi a parlare, le uniche voci che senti sono quelle del passato, un passato fatto di piccoli momenti che ora ti sembrano l’unica cosa per cui valeva la pena vivere tutto questo.

Quando qualcosa improvvisamente finisce, di solito senza una ragione precisa, il mondo che dominavi, di cui eri protagonista ti abbandona, si allontana velocemente. Diventi spettatore della tua stessa vita: riesci a vederti mentre camminavi insieme a lei in quella che era la vostra piazza, ti sembra di risentire la sua voce mentre parla con qualcuno che una volta eri tu, e che adesso è così lontano. Una strana sequenza di foto in bianco e nero che raccontano la vostra storia, piccoli dettagli di cui non riesci a liberarti e che rivivi con doloroso piacere. Il dolore ha un certo fascino, viviamo tutta un’intera vita alla ricerca della felicità, e quando finalmente ci troviamo di fronte a qualcosa di veramente bello lo affrontiamo con un tale timore che tutto si trasforma in ansia e paura. Abbiamo paura di essere felici, non lo crediamo possibile e scappiamo. Forse aveva ragione Wilde quando diceva che la sola cosa peggiore di non ottenere ciò che si desidera è ottenerlo; come se l’importante non fosse raggiungere l’obbiettivo ma vivere in funzione di questo senza mai toccarlo veramente, accontentandoci solo di sfiorarlo timidamente e poi lasciarlo andare, per cercarlo ancora e ancora. Anche se non so in che modo avrei potuto evitare tutto questo mi sento proprio uno stupido; ti ho lasciato andare via così, senza appello, quando tutto sembrava perfetto…almeno credo. Se è vero che l’amore non è una condizione ma una scelta, un ‘arte; allora tu, mia piccola dolcissima stronza, sei la mia opera più bella, la più tormentata, la più vera.

Volevi che ti regalassi un mio quadro, bèh…ti ho dato qualcosa di più di una tela , in silenzio ti dono i miei occhi, il mio modo di vedere il mondo con le sue forme e i suoi colori… è il coraggio che ti manca. 











martedì 20 maggio 2014





mi verrebbe da dire a volte, che oltre a questa voce e a queste mani... dietro questi capelli e queste smorfie che sembrano sorrisi... dietro ai 'si' ai 'no' e ai silenzi.. oltre ai pochi pensieri che racconto e alle carezze che ti faccio scivolare lente sul viso... dietro i 'dove sei, che fai, ti sto pensando e ti voglio bene'... dietro tutto in realta' mi verrebbe da dire che non c'e' piu' niente... e io non sono una soluzione, non sono un rifugio.




lunedì 19 maggio 2014




...Il lutto per la perdita di qualcosa che abbiamo amato o ammirato sembra talmente naturale che il profano non esita a dichiarlo ovvio. Per lo psicologo invece il lutto è un grande enigma, uno di quei fenomeni che non si possono spiegare ma ai quali si riducono altre cose oscure. Noi reputiamo possedere una certa quantità di amare che chiamiamo libido la quale agli inizi del nostro sviluppo è rivolta al nostro stesso io. In seguito, ma in realtà molto presto, la libido si distoglie dall'Io per dirigersi sugli oggetti, che noi in tal modo accogliamo per così dire nel nostro Io. Se gli oggetti sono distrutti o vanno perduti per noi, la nostra capacità di amare (la libido) torna ad essere libera. Può prendersi altri oggetti come sostituiti o tornare provvisoriamente all'Io. Ma perchè questo distacco della libido dai suoi oggetti debba essere un processo così doloroso resta per noi un mistero sul quale per il momento non siamo in grado di formulare alcuna ipotesi. Noi vediamo unicamente che la libido si aggrappa ai auoi oggetti e non vuole rinunciare a quelli perduti, neppure quando il loro sostituto è già pronto. Questo dunque è il lutto.
Noi sappiamo che il lutto, per doloroso che sia, si estingue spontaneamente. Se ha rinunciato a tutto ciò che è perduto, ciò significa che esso stesso si è consun to e allora la nostra libido è di nuovo libera (nella misura in cui siamo ancora giovani e vitali) di rimpiazzare gli oggetti perduti con nuovi oggetti, se possibile altrettanto o più preziosi...



Caducità, Sigmund Freud

domenica 18 maggio 2014



Ora, c'e' da dire che c'e' stato un tempo dove le possibilita' della parola scritta superavano di gran lunga quelle delle mie giornate. dico cose ovvie del resto. era abbandonarsi ad una caduta libera interiore, era un inventarsi inconsapevole un modo di essere e sentire, riuscire addirittura a renderlo reale - e non il contrario... ho scritto sempre di me e l'invenzione non mi ha mai supportato... mi considero un percettivo piu' che un visionario e la razionalita' mi appartiene piu' di quanto non sembri... in me non c'e' nulla di strambo, ci sono solo troppi elementi dissonanti che se vengono fuori tutti insieme possono risultare piuttosto comici... ma di gente con un sano senso dell'umorismo c'e' penuria...

In questi giorni... in questi tanti giorni capovolti e rivoltati come un guanto (mi e' sempre piaciuta questa frase perche' non sono mai riuscito a togliermi i guanti senza rivoltarli del tutto)... in realta' non c'e' stato nulla di sconvolgente... nulla di apparentemente scioccante da giustificare il silenzio delle mie parole... si beh, ho scritto frasi, ho ridondato senzazioni, ho scavato nel mio vocabolario mentale pregando di suggerirmi quell'accostamento di suoni e lettere e immagini che un tempo m'inchiodavano allo schermo contemplante, rimuginante, convinto d'aver vomitato il meglio e il peggio di me con due parole mistiche. invece per giorni ho scritto e cancellato, no worth. no worth, pensavo. 


e' che devo portare sempre il punto, chiudere il libro con l'orecchietta alla pagina... ricordare, enumerare, seguire, analizzare... lo faccio tutt'ora, lo sto facendo adesso... ma stavolta mi sembra giusto e il mio italiano non si sta servendo di particolari figure ... forse sto facendo outing in un modo nuovo, questo e 50 altri blog non mi sono mai serviti ad altro .


Succede che il mondo mi fa meno male... che se mi guardo indietro ritrovo delle cose, dei pensieri che vengono fuori nitidi e non hanno bisogno di convincermi con particolari atmosfere e giochi di figure retoriche... e succede che le cose accadono come accadevano prima, e adesso me ne accorgo... sono qui perche' le cose accadano... non c'e' nessun'altra interpretazione.


l'infinito dolore reca i suoi frutti e sono frutti di dolore, a cui saro' infinitamente grato per sempre... finche' le cose accadranno e il mio petto sara' sempre cosi' scoperto a riceverle, acuminate e morbide... perche' non c'e' altro che questo, con diversi nomi graduati a seconda del piacere capace di arrecare... ma a parte l'inconoscibile, la morte, che venga tutto come al solito e senza invito... perche' se ieri ero e oggi sono e sovrapponendomi perderei in un gioco enigmistico delle ombre e' perche' e' accaduto (e mai nessun termine viene cosi' dolce a calmarmi e cullarmi) che io abbia smesso di stringere le braccia al petto... di chiedermi di ogni cosa se vale la pena... perche' vale, e valere non e' un valore... solo si accetta perche' altro non esiste... e si accetta con rabbia reagendo o con ore ipnotiche di nulla e soffitto... tutto vale la pena. e allora si cresce (che brutta espressione si)... significa che si prende coscienza della solitudine (che brutta cosa)... e paradossalmente qui comincia il bello, la gioia, la liberta' di perdere, liberta' di lasciare andare... 


comincia tutto ogni volta che si e' soli... 


ed e' ogni giorno che tutto ricomincia da capo. 



sabato 17 maggio 2014



sono in terapia... 

imparo a convivere con il presente dilatato 
e a gioire facendo esplodere i fuochi natalizi gettandoli dalla auto in corsa... 

per il gusto di farlo... 
imparo a baciare per il gusto di farlo... 
a chiedere scusa per il gusto di farlo... 

le persone come me non dovrebbero mai chiedere scusa... 

nel mio presente allungato 
io non sono una persona, 

sono un'istante senza dolore... 

chiedere la pace nel mondo... 
nel mondo interiore di tutti... 



venerdì 16 maggio 2014




("……mi sento priva di quell'energia che vedo negli altri. Allora li invidio. Li invidio per essere altro da me. Io riesco solo a produrre parole che s'accordano in versi e trasudo poesia. Sono solo li', oramai. La mia solitaria, irriverente, fatale eruzione sgorga nella gabbia vitrea, lucida come maiolica, entro cui me ne sto rinchiusa dall'infanzia").

Sylvia Plath




giovedì 15 maggio 2014




Ogni tanto mi chiedo cosa mai stiamo aspettando.
Silenzio


- Che sia troppo tardi, madame ...

uno si fa dei sogni,roba sua,intima,e poi la vita non ci sta a giocarci insieme,e te li smonta,un attimo, una frase e tutto si disfa. Succede. Mica per altro che vivere è un mestiere gramo.Tocca rassegnarsi. Non ha gratitudine, la vita, se capite cosa voglio dire. Gratitudine.


Poi non è che la vita vada come tu te la immagini.
Fa la sua strada. E tu la tua. E non sono la stessa strada.
Così... Io non è che volevo essere felice, questo no.
Volevo... salvarmi, ecco: salvarmi.
Ma ho capito tardi da che parte bisognava andare: dalla parte dei desideri.
Uno si aspetta che siano altre cose a salvare la gente:
il dovere, l'onestà, essere buoni, essere giusti. No.
Sono i desideri che salvano. Sono l'unica cosa vera.
Tu stai con loro, e ti salverai. Però troppo tardi l'ho capito.
Se le dai tempo, alla vita, lei si rigira in un modo strano, inesorabile:
e tu ti accorgi che a quel punto non puoi desiderare qualcosa senza farti del male.
E' lì che salta tutto, non c'è verso di scappare,
più ti agiti più si ingarbuglia la rete, più ti ribelli più ti ferisci.
Non si ne esce. Quando era troppo tardi, io ho iniziato a desiderare.
Con tutta la forza che avevo. Mi sono fatta tanto di quel male
che tu non te lo puoi nemmeno immaginare.


A.Baricco, "OceanoMare" 




mercoledì 14 maggio 2014



ci sono dei fogli sparsi e il pensiero di quella strada buia con gli alberi neri sul tramonto violaceo... 


poi il silenzio 

e i miei occhi riflessi nello specchio... 
e i miei occhi davanti allo specchio... 

c'e' una cesta intera di panni sporchi 
delle magliette nell'armadio... 
e il divano del mio studio e' sempre coperto di oggetti, indumenti, giocattoli .. a volte ci dormo ranicchiato.. altre vestito... ci sono dei punti pieni di polvere... 

quelli sono i punti fermi, 
in quelli mi riconosco, 

l'asciugamano sul termosifone... 

la foto di me piccolino in una cornice d’argento... 

la lampada a uovo anni settanta... 

sono le cose che non si muovono che mi ricordano dove mettere i piedi... 

e se mi ricordo li metto a terra... mentre qualcosa mi chiama ancora allo specchio, 

agli zigomi a cui appartengo, 
alle labbra spesso incurvate verso il basso 

e ai colori scuri che mi sbiadiscono i contorni... 

con i piedi a terra cammino fino al punto in cui mi vedo... 

sorrido, 
ho dimenticato gli occhi nella strada buia, nel tramonto delle 5 e 30... 




certe volte vorrei poter non appartenere a niente... 


martedì 13 maggio 2014



poi ti decidi ad alzarti 
e il tempo e' anche di sole e caffe' tiepido, 
il tempo e' anche in movimento e i colori sembrano non ristagnare... 

hai dormito quello che restava della notte e un po' del giorno,
hai dormito sognando strani uomini che ingurgitavano bucatini galleggianti in ragu' e parmigiano...
hai una strana fame, potresti mangiare galbanino e nutella. 
non ti piaci. 

ti fanno male tutti i denti come se avessi tirato un aratro con le mascelle e hai la faccia barbosa. 

quando e' che diventa tutto incerto non si puo' dire. benvenuta mattina, sera, notte... benvenuto mortaio che schiacci tutto mischiando i colori. 

rinnegata e' il nome che ti danno i tuoi occhi un po' neri un po' chiusi... sei troppo severa con te stessa, sei poco severa con te stessa. quand'e' che diventa tutto incerto... 

non si puo' dire. sono i giorni in cui si rischia tutto senza saperlo, 
senza preghiere... senza piangere per tutte quelle belle e poetiche foglie secche sul marciapiede... 

sono giorni in cui non si sa piu' piangere ma ci si sente come se si piangesse incessantemente da giorni. 

le lacrime fanno gli occhi belli e qui c'e' solo trucco sbavato. 

sei troppo severa con te stessa, sei troppo indulgente con te stessa... 
regalati una stella cadente sulla fronte. 

ma e' tutto incerto e non si puo' dire com'e' che sia diventato cosi'. 


inverno piromane
ritorna da me...


[buon compleanno]




 

lunedì 12 maggio 2014





della notte e delle luci piccole della citta'... 
delle parole che dovro' inventarmi... 
della notte e di questo maggio troppo lento, 

dei giorni lunghi dalla spalla al piede opposto.. 
che ti misuri dentro e fa un po' caldo e un po' freddo, 

e c'e' sempre qualcosa da aspettare mentre il tempo si fa sangue... 


buonanotte attrice. 



domenica 11 maggio 2014



quella sera guardavamo il cielo diventare qualcos'altro e confondersi col riflesso della finestra. non c'erano rumori o musiche o respiri, c'era un colore arancione e una trapunta che si arrotolava sui discorsi taciuti.. si aggrovigliava su quella idea fissa e non riuscivamo a coprirci e a riscaldarci.. ti sei alzata e hai aperto un'anta dell'armadio.. nello specchio ti guardavo gli occhi e mi sembrava di spiarti solo perchè eri di spalle... eppure ci stavamo fissando... arancioni e silenziosi e il tuo pigiama rosso era tenero... e lo erano i tuoi calzini di lana a righe e i capelli arruffati di chi ha smesso di preoccuparsi... di chi non ha interesse a rimanere… chiudesti l'anta dell'armadio e con lei i colori della stanza... non ricordo nulla di te che non sia un film in bianco e nero...

c'era ancora quel buco sul sedile.. di quando mentre mi spingevi ti cadde la sigaretta e per ritrovarla dovemmo seguire l'odore di bruciato... e bruciava tutto in uno spreco colossale... bruciava la mia testa mentre la tua era calata a misurare il danno e l'odore della tua pelle si arrampicava sui pensieri che non dovevo più avere... e mentre impazzivo fra tabacco, fumo e ricordi presenti muschiati e i balsami che non servivano più a placare i dolori... mentre tutto intorno si addensava e pizzicava il naso… tu scendesti dalla macchina e io affondai nella cenere… e chi può dire se ci sia un’altra vita oppure no...


... e mi sarei appoggiato nelle pieghe della pelle... nei tuoi luoghi morbidi… nelle tue gambe di pensieri intrecciati in bilico sulla poltrona... mentre con la mano accarezzavi il bracciolo e con lo sguardo toccavi le parole e le affilavi in una ragione inattaccabile e me la lanciavi contro... non so quante volte mi hai centrato ma qualcosa di inevitabile cominciava a colarmi dagli occhi e le mie mani bagnate non le avresti più baciate… non ti saresti più rinchiusa al caldo e io non avrei mai più accostato i miei fianchi ai tuoi per sentire la mia carne liquefarsi e disperdersi nel letto... saresti stata d'ora in poi una scheggia ghiacciata a viaggiare sottopelle... già rabbrividivo e tu diventavi isoscele... dura... e bucavi la poltrona…


ferma, immobile, piena e invitante continuavi a fissare il pavimento... non c'era un modo di sospendere il momento... tutto sarebbe marcito e ammuffito e ciò che avrei disperatamente masticato e metabolizzato e fatto mio sarebbe diventato un amalgama dal gusto scuro che brucia la gola... i miei caffé dalle tue mani e le tue sigarette sui pomeriggi ad assaggiare le tue assenze e i tuoi ritorni... non avrebbero avuto lo stesso sapore... tu non lievitavi più sorrisi e io bloccavo un nodo spinato in gola... dovrò nutrirmi da solo...


la seta grigia del silenzio frusciava nell'aria... un sibilo rapido mi trapassò la testa... dov'era la tua musica? sulle scale adesso... in dissolvenza rapida... ti ascoltavo in un eco e mi rimbombi ancora fra le costole… 


senza senso…


vuole vederci purezza e nobilta' e non si accorge di quanto potrei farmi male cadendo da un'illusione vertiginosa su cui non voglio stare. mi piaccio perche' tu sei l'amore sei di carne e di terra, non come tutti gli altri ... non capisce che la raccolgo da terra e lo amo mentre cade sempre piu' in basso... io sono un perdente... quello con le lenti a contatto , di colori scuri, e di gesti misurati che scandiscono un tempo molle...

negli occhi degli altri e per gli occhi degli altri... fuori dal riverbero di questi specchi al sole tutto cade cenere a terra o impazzisce pulviscolo nell'aria... ma quale a terra? e quale aria? e a chi spiegarlo se non tornando negli occhi degli altri? perche' spiegarlo poi... 




io spengo la luce. 




sabato 10 maggio 2014



"Non parla più di lui. Però lo pensa spesso e, anche se con un penoso rancore, ogni giorno ci sono mille occasioni in cui le manca. Le si insinua dentro a tradimento, quel momento di perdita irrevocabile, quel vuoto, una mano crudele che le stritola il cuore con dita di ghiaccio…"  

(Anita Nair) 



venerdì 9 maggio 2014



"Nella profondità dell’inverno, ho finalmente imparato che dentro di me c’è un’estate invincibile".

(Albert Camus) 





giovedì 8 maggio 2014




c'e' stato un momento in cui tutto girava vorticoso.. 
e non c'era tempo per sentire tutto, 
per fare tutto.. 

non c'era tempo per dormire e mangiare ne' per guardare le cose che si muovono lente.. 

poi mi sono ritrovato nei gesti di sempre e negli intercalari.. 
nelle note cupe e in qualche ritmo su cui ci si può muovere anche da seduti… 

e in fondo e' così bella questa sera in balia di niente... 

si può immaginare una strada o mille… 
si può sorridere della propria imprevedibilità... 

e decidere di non “aspettare verbo intransitivo”... 


se tira un po' di vento so come coprirmi con il mio vecchio maglione nero… 

se ho sonno so come spogliarmi e cercare una posizione che mi racchiuda per tutta la notte… 

e non ci sono parole da sprecare, 

niente da dire... 




nonostante tutto mi sento ancora io…



mercoledì 7 maggio 2014



"Cose che finiscono.
Cellulare definitivamente scarico,
auto definitivamente
senza benzina, soldi esauriti
ciò a cui avresti potuto forse
porre rimedio
ma ti è piaciuto aspettare,
essere testimone d’una caduta lenta
acquatica,
partecipare con distacco all’accadere necessario: gli sgoccioli
la fine
l’assenza".


(Valentina Diana)




martedì 6 maggio 2014



"Cose che non esamino più da vicino.
Mercatini, posta indesiderata, certezze,
lampadine rotte, batterie solitarie,
necrologi del New York Times
-i resti delle nostre vite.
I prezzi nelle boutique più chic,
quello che è successo prima di venerdì,
come le lentiggini disegnano una stella sul tuo viso,
e quel che rimane dell’amore".


 
(Anna Evans) 




E tutto quello che l’amore supera, per restare amore. 




lunedì 5 maggio 2014




"Un altro nome dell’amore: pazienza."
Microliti" di Paul Celan, Zandonai Editore.


Ancora più perentoria in originale: "Ein anderer Name der Liebe: Geduld".


Ci vuole pazienza per amare, lo so. 

Perché bisogna imparare ad aspettare. 

Ci vuole pazienza e fermezza e dolcezza con un bambino; 
ma anche con chi ci ha tenuto in braccio da piccoli. 


Ci vuole pazienza con chi va, e poi torna. 

Ci vuole pazienza, 


ma come faccio, se il mio amore ha fretta? 





domenica 4 maggio 2014



non sapere dire addio 
porta alla perdita di parti molto importanti del corpo, 

come le braccia 
o le orecchie.

vorrei essere lontano a volte, 
come se esistessero luoghi in cui alla mente non arrivano timori di conoscere troppo 

e di non sapere nulla.





sabato 3 maggio 2014





Le mie mani ti ricordano
più profondamente della memoria.


Non ci sei più 

ma le mie mani ricordano: 

sanno ripercorrere la carta geografica del tuo corpo, 
disegnare il tuo profilo, 
accarezzare i tuoi capelli. 

Si erano innamorate, 
abituate a te, il tuo corpo-continente. 


Io intanto dipingo,lavoro, scrivo, apro porte, allaccio bottoni, accarezzo e tocco mani altrui; 

quante cose faccio con le mie mani; 

una sola cosa vorrei, 

accarezzare te.



venerdì 2 maggio 2014





"Perché tu eri solita
camminare scalza per le stanze, e poi ti rannicchiavi sul letto,
gomitolo di piume, seta e fiamma selvaggia. Incrociavi
le mani sulle ginocchia, mettendo in mostra provocante
i piedi rosa impolverati. Devi ricordarmi così - dicevi; ricordami così, coi piedi sporchi; coi capelli
che mi coprono gli occhi...
Dunque, come potrò più avere voce. La Poesia non ha mai camminato così
sotto i bianchissimi meli in fiore di nessun Paradiso". 


(Ghiannis Ritsos) 




giovedì 1 maggio 2014



"Sempre tu la piccola stella e sempre io l’oscuro natante
Sempre tu il porto e io il faro di destra
Il molo bagnato e il bagliore sopra i remi
In alto nella casa con i rampicanti
Le rose intrecciate, l’acqua che si fa fredda
Sempre tu la statua di pietra e sempre io l’ombra che cresce
Tu l’imposta accostata, io il vento che la apre".


(Odisseas Elitis)