domenica 18 maggio 2014
Ora, c'e' da dire che c'e' stato un tempo dove le possibilita' della parola scritta superavano di gran lunga quelle delle mie giornate. dico cose ovvie del resto. era abbandonarsi ad una caduta libera interiore, era un inventarsi inconsapevole un modo di essere e sentire, riuscire addirittura a renderlo reale - e non il contrario... ho scritto sempre di me e l'invenzione non mi ha mai supportato... mi considero un percettivo piu' che un visionario e la razionalita' mi appartiene piu' di quanto non sembri... in me non c'e' nulla di strambo, ci sono solo troppi elementi dissonanti che se vengono fuori tutti insieme possono risultare piuttosto comici... ma di gente con un sano senso dell'umorismo c'e' penuria...
In questi giorni... in questi tanti giorni capovolti e rivoltati come un guanto (mi e' sempre piaciuta questa frase perche' non sono mai riuscito a togliermi i guanti senza rivoltarli del tutto)... in realta' non c'e' stato nulla di sconvolgente... nulla di apparentemente scioccante da giustificare il silenzio delle mie parole... si beh, ho scritto frasi, ho ridondato senzazioni, ho scavato nel mio vocabolario mentale pregando di suggerirmi quell'accostamento di suoni e lettere e immagini che un tempo m'inchiodavano allo schermo contemplante, rimuginante, convinto d'aver vomitato il meglio e il peggio di me con due parole mistiche. invece per giorni ho scritto e cancellato, no worth. no worth, pensavo.
e' che devo portare sempre il punto, chiudere il libro con l'orecchietta alla pagina... ricordare, enumerare, seguire, analizzare... lo faccio tutt'ora, lo sto facendo adesso... ma stavolta mi sembra giusto e il mio italiano non si sta servendo di particolari figure ... forse sto facendo outing in un modo nuovo, questo e 50 altri blog non mi sono mai serviti ad altro .
Succede che il mondo mi fa meno male... che se mi guardo indietro ritrovo delle cose, dei pensieri che vengono fuori nitidi e non hanno bisogno di convincermi con particolari atmosfere e giochi di figure retoriche... e succede che le cose accadono come accadevano prima, e adesso me ne accorgo... sono qui perche' le cose accadano... non c'e' nessun'altra interpretazione.
l'infinito dolore reca i suoi frutti e sono frutti di dolore, a cui saro' infinitamente grato per sempre... finche' le cose accadranno e il mio petto sara' sempre cosi' scoperto a riceverle, acuminate e morbide... perche' non c'e' altro che questo, con diversi nomi graduati a seconda del piacere capace di arrecare... ma a parte l'inconoscibile, la morte, che venga tutto come al solito e senza invito... perche' se ieri ero e oggi sono e sovrapponendomi perderei in un gioco enigmistico delle ombre e' perche' e' accaduto (e mai nessun termine viene cosi' dolce a calmarmi e cullarmi) che io abbia smesso di stringere le braccia al petto... di chiedermi di ogni cosa se vale la pena... perche' vale, e valere non e' un valore... solo si accetta perche' altro non esiste... e si accetta con rabbia reagendo o con ore ipnotiche di nulla e soffitto... tutto vale la pena. e allora si cresce (che brutta espressione si)... significa che si prende coscienza della solitudine (che brutta cosa)... e paradossalmente qui comincia il bello, la gioia, la liberta' di perdere, liberta' di lasciare andare...
comincia tutto ogni volta che si e' soli...
ed e' ogni giorno che tutto ricomincia da capo.
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...qualsiasi parola ha sempre un valore...