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Ora, c'e' da dire che c'e' stato un tempo dove le possibilita' della
parola scritta superavano di gran lunga quelle delle mie giornate. dico
cose ovvie del resto. era abbandonarsi ad una caduta libera interiore,
era un inventarsi inconsapevole un modo di essere e sentire, riuscire
addirittura a renderlo reale - e non il contrario... ho scritto sempre
di me e l'invenzione non mi ha mai supportato... mi considero un
percettivo piu' che un visionario e la razionalita' mi appartiene piu'
di quanto non sembri... in me non c'e' nulla di strambo, ci sono solo
troppi elementi dissonanti che se vengono fuori tutti insieme possono
risultare piuttosto comici... ma di gente con un sano senso
dell'umorismo c'e' penuria...
In questi giorni... in questi tanti
giorni capovolti e rivoltati come un guanto (mi e' sempre piaciuta
questa frase perche' non sono mai riuscito a togliermi i guanti
senza rivoltarli del tutto)... in realta' non c'e' stato nulla di
sconvolgente... nulla di apparentemente scioccante da giustificare il
silenzio delle mie parole... si beh, ho scritto frasi, ho ridondato
senzazioni, ho scavato nel mio vocabolario mentale pregando di
suggerirmi quell'accostamento di suoni e lettere e immagini che un tempo
m'inchiodavano allo schermo contemplante, rimuginante, convinto d'aver
vomitato il meglio e il peggio di me con due parole mistiche. invece per
giorni ho scritto e cancellato, no worth. no worth, pensavo.
e' che
devo portare sempre il punto, chiudere il libro con l'orecchietta alla
pagina... ricordare, enumerare, seguire, analizzare... lo faccio
tutt'ora, lo sto facendo adesso... ma stavolta mi sembra giusto e il mio
italiano non si sta servendo di particolari figure ... forse sto
facendo outing in un modo nuovo, questo e 50 altri blog non mi sono mai
serviti ad altro .
Succede che il mondo mi fa meno male... che se mi
guardo indietro ritrovo delle cose, dei pensieri che vengono fuori
nitidi e non hanno bisogno di convincermi con particolari atmosfere e
giochi di figure retoriche... e succede che le cose accadono come
accadevano prima, e adesso me ne accorgo... sono qui perche' le cose
accadano... non c'e' nessun'altra interpretazione.
l'infinito dolore
reca i suoi frutti e sono frutti di dolore, a cui saro' infinitamente
grato per sempre... finche' le cose accadranno e il mio petto sara'
sempre cosi' scoperto a riceverle, acuminate e morbide... perche' non
c'e' altro che questo, con diversi nomi graduati a seconda del piacere
capace di arrecare... ma a parte l'inconoscibile, la morte, che venga
tutto come al solito e senza invito... perche' se ieri ero e oggi sono e
sovrapponendomi perderei in un gioco enigmistico delle ombre e' perche'
e' accaduto (e mai nessun termine viene cosi' dolce a calmarmi e
cullarmi) che io abbia smesso di stringere le braccia al petto... di
chiedermi di ogni cosa se vale la pena... perche' vale, e valere non e'
un valore... solo si accetta perche' altro non esiste... e si accetta
con rabbia reagendo o con ore ipnotiche di nulla e soffitto... tutto
vale la pena. e allora si cresce (che brutta espressione si)...
significa che si prende coscienza della solitudine (che brutta cosa)... e
paradossalmente qui comincia il bello, la gioia, la liberta' di
perdere, liberta' di lasciare andare...
comincia tutto ogni volta che si
e' soli...
ed e' ogni giorno che tutto ricomincia da capo.
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...qualsiasi parola ha sempre un valore...