venerdì 11 aprile 2014



come l’aratro in mezzo alla maggese.
sarà che io sono un’incosciente. sarà che mi sopravvaluto. sarà che non mi piace restare con un pugno di chissà. ma io sono abituato a sviluppare tutti i miei forse. ad essere sempre disposto a rischiare. a ragionare in direzione del possibile ma improbabile, per sfidarlo e renderlo certezza.
credo di meritare una vita normale. con una casa, un lavoro, una famiglia. tante persone a cui voler bene. e una sola da amare. continuare a fare mille cose e stancarmi tanto, ma addormentarmi soddisfatto. dormire sereno. 
svegliarmi felice. sì, vorrei svegliarmi felice, domani. metter su una moka di caffè mentre lo stereo manda Ray Charles. e credo che questo, la tranquillità del mattino, sia una grande conquista. le cose più semplici sono sempre le più belle. e, molto spesso, le migliori conquiste.
credo che il mondo sia tutto all’ombra della nostra mano tesa. che nessun luogo sia irraggiungibile, e che tutti valgano la pena d’esser visti. credo di aver bisogno di veramente poco per viaggiare. credo che il mio unico vero bisogno sia viaggiare. 
credo di scorgere la meraviglia non solo nella muraglia cinese, nelle piramidi d’Egitto, nei giardini pensili di Babilonia, ma in una zolla di terra, nella schiuma del mare, in un paesaggio nuovo, nell’odore di una sera, nello sguardo di uno sconosciuto oltre un vetro. nel sorriso. la meraviglia del sorriso…
credo che gli unici luoghi che non possiamo esplorare, però, siano quelli dell’anima. nostra e di chi ci circonda. non potremo mai conoscere a fondo nessuno. nemmeno noi stessi. 
e poi credo che gli unici veri limiti che abbiamo siano quelli che noi stessi ci poniamo. per ragioni che spesso, peraltro, preferiamo ignorare.
questa è l’unica vera differenza tra me e te. non lo zelo nel lavoro, non la costanza nell’impegno, non il modo di sentire nè quello d’amare.
semplicemente, il senso di sfida, di limite, di confine. l’idea di rischio. 
eppure vorrei avere il tempo e il modo di portarti dentro la mia vita, e di entrare io nella tua,
e conoscendoci imparare entro ed oltre quali limiti poter portare le nostre. insieme.
cosa c’è di più bello che portare una persona, una, ai confini di sè stessa, alle frontiere dello scibile, ai limiti del suo mondo e al centro del tuo? cosa c’è di più inebriante del brivido di una gioia autentica, autentica come le mani  e gli occhi immensi?
ti sei mai sentita felice, felice davvero, felice che per esserlo di più dovresti aver bisogno di due corpi e non di uno solo? felice che per un attimo hai una vertigine, come se ti trovassi sull’orlo di qualcosa di infinito, e tieni l’equilibrio giocando col vento delle tue emozioni? felice, al punto da pensare che sarebbe splendido se il mondo finisse tra un istante, implodesse senza dare spiegazioni, senza lasciare dolori aperti?
così mi sento adesso. una creatura mutilata in volo, che ancora serba sotto la sua ala il feto di un amore. un aborto di amore.

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