venerdì 29 ottobre 2010


Mi apparisti vestita
e più carpita da me
più che tu non lo fossi.

Misurarti la vita
mi pare proprio che sia
tutto quello che posso.

La bellezza riunita
ha più difesa di sé;
mi dicesti "Sospira".

Come chi si ritrae con il dito chiedendo silenzio;
la totale pienezza di te
dal mio braccio destro si disincagliava e calava nell'ansa
del sinistro, mista alle piegature, e declinava.

Di te, in te stessa, l'attività assoluta
era una lotta contro la natura
che è dimessa al vento,
succube alla furia.

Ma tu non soccombevi,
eri impennata
sulla tua forma finita e creata.

E la tua finitezza superavi
sapendo, di te stessa,
non solo di convessa, di concava, di cava,
umana, pelle umana.

E la realtà finiva
e il vero cominciava.

Certo imbruniva,
ma imbruniva fuori.

All'interno i colori
erano luci spente,
umiliate dalla tua bocca ponente.

Dopo un po' si vedeva
soltanto quello che può
perdonare la vista.

E scoprire le gambe,
fu qui la tua miglioria,
per distinguere meglio.


Ogni tuo gesto è compreso
in tutto quello che sa
di te stessa quel gesto.





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