domenica 31 ottobre 2010




Prendiamo una carrozza anacronistica,
aggiornandola in quanto inesistente.

Saliamo alla sua guida.

Di redini, di lacci se ne trovano,
di legami tra noi, di dolci bende.

Bardiamo un animale a caso il cuore
dai fianchi pretenziosi da roano.

Ecco che trotta.
Che ci prende la mano.

Abbiamo visto le regge, dietro le inferriate,
e le foreste nere e le campate
non so di quanti ponti.

Ho visto la tua nuca ad Alessandria,
e poi me lo racconti se ci sei mai stata,
se ti senti, ti sentivi osservata.

Il posto è qui.

è qui quel lavorio
dell'erba, simile al pensiero
che contiene nel vello
quell'orma del tuo corpo
ed uno stelo sconvolto
dal tuo gomito che avrebbe
dimenticato d'essere carnale,
per non dimenticarlo in generale.

Qui si incavano,
senza corpi a pesare,
le nostre impronte a muoversi, a sedere.

Vedi là, vedi là
e gli occhi saltano
come chiaro e pupilla capinere.

Ci sono posti al mondo
dai quali non c'è fuga.

Stanze come questa, nelle quali
restano le nostre rappresentanze,
i nostri uffici doganali.

Dove noi veramente
ci impieghiamo,
avviluppati in teneri sofismi,
cavilli di permessi,
arzigogoli, tropismi
nella nostra direzione.

Una frontiera è fatta di due righe.

E bastavano le dita di una sola mano
mandata avanti
in viaggio, e l'altra le
farà da testimone
si può vedere tutto;

e fermamente,
se di due righe è fatta,
facciamo la frontiera


dove passa fauna
e flora straniera.





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