la furia del temporale
si rovescia su una città stranamente quieta.
muta.
tutto tace,
questa sera.
non ha voglia di parlare.
avrà perso le
parole.
come me.
come noi.
che non abbiamo più nulla da dirci se non per
farci male.
quante volte abbiamo avuto la fortuna di godere del freddo
là fuori,
e di fargli dispetto col nostro calore?
i coldplay in sottofondo
e un’anima a tutto volume. c
erco il nostro
passato
e trovo frutti profumati e floridi al sole di un’embrione di
estate.
li colgo uno ad uno,
li voglio mangiare,
li sbuccio,
li apro e
ci trovo del marcio.
le cose non sono mai come sembrano da fuori.
col
senno di poi mi ritrovo a scandirle,
a spogliarle, a vivisezionarle,
senza anestesia.
e fa un male atroce scoprire che in fondo, sì, non
erano sane.
anche se ci facevano stare tanto, tanto bene.
erano il
prodotto difettoso di una catena di ingranaggi folli,
frettolosi e poco
oliati.
abbiamo saltato troppi passaggi.
abbiamo omesso troppe
etichette.
non abbiamo saputo dare il nome alle cose.
non abbiamo saputo
affrontarle.
non abbiamo saputo dirle.
e te ne sei andata via.
senza
troppi arrivederci.
ti sei eclissata come una stella esausta. non brilli
più.
mi stai buttando via come se fossi uno qualunque.
come se tu potessi
comprarmi,
come un cappotto o un paio di scarpe.
come se anche domani tu
potessi avermi.
ma io non ti amerò domani.
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