oily marks appear on walls
where pleasure moments hung before
the takeover.
un caffè ed un cappuccio si guardano negli occhi. no, non è l’inizio di una barzelletta. forse, quello di una storia.
un caffè ed un cappuccio si sorridono da un lato all’altro del
tavolo, mentre tutt’attorno la gente continua a fendere il freddo di un
sabato pomeriggio.
lei è carina, gentile, alla mano. semplice. come piace a me. come
tanti altri, e a suo modo diversa. è un piacere scoprirla. pensare che è
più alta di quanto io ricordassi. ricordare il momento in cui ci siamo
incontrati. ha il viso pulito. mi parla piano. a volte le parole
inciampano nelle sue labbra. poi si rialzano. e il suo sguardo si scusa
per loro.
gli piace ballare. a te invece ballare non piace. mi ricordo
quando hai infilato tra vino e risate un "sono un palo di legno". ho
allungato la mano sulla tovaglia, verso la tua. ho pensato che non ti
avrei mai lasciato per un cubo. piuttosto, ti avrei portata con me. o
sarei rimasto con te. se tu lo avessi voluto.
"…e in fondo è così… no?" i miei occhi aperti non guardavano.
adesso vedo di nuovo. di fronte a me c’è lei. non tu. non più. "sì",
rispondo, "sì, hai ragione".
"facciamo un pezzo insieme, allora", mi ha detto. invece poi ha
accompagnato me e i miei discorsi fino al portone. quando gli ripeto che
stasera resterò in casa ad ascoltare musica e dipingere, mi sorride. "bravo", mi dice.
"bravo". mi saluta con rispetto. mi sfiora per sbaglio. non si scusa. si
avvicina. mi ritraggo. con violenza, quasi. e sono io a scusarmi. e
non capisco con chi.
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