l’amore è una prigione.
ne sono convinto.
la facoltà di amare, quella rende liberi.
ma l’amore no.
l’amore ti imprigiona.
la mia città.
amo il suo odore. l’odore delle sere che piove, e non si
sente lo smog, e il fresco ti entra nelle narici, ti invade i pensieri.
è un nodo di strade che non viene mai al pettine. e sono
particolari, queste strade. è come se i palazzi formassero un unico
immenso blocco di cemento. e io camminassi sul fondo di una crepa.
passeggiare per queste vie mi fa sempre uno strano effetto.
è come
quando una luce ti acceca: non vuoi una luce più fioca. vuoi il buio.
così, di fronte alla maestosità e all’impeccabilità imperfetta di questo
borgo d’apparenza,
fatico a trovare la sostanza, e finisco per
desiderare quella, e quella sola.
è un’overdose di modernità.
l’inossidabile inutilità di tutto
quello che mi circonda mi nausea, mi stupisce e mi lascia attonito nella
pioggia, scortese, di novembre.
a me basterebbe un libro, un sorriso, una
carezza. qualcosa di semplice. di estremamente semplice, intendo. come
l’odore del caffè d’orzo. come qualcuno che entra in casa senza bussare.
come riempire l’altra metà del letto. come una frase detta in un modo
particolare, uno sguardo che mi sorprende tra la folla, un
complimento. una familiarità. una cura.
una chitarra acustica. questa pioggia. te.
mi basterebbe poco.
stasera mi basto io.
in una città che ha tutto da offrire, potrei circondarmi di tanto
superfluo. ma non lo faccio. perchè so che non potrei mai star
bene finchè mi manca l’essenziale.
e l’essenziale, spesso,
è invisibile agli occhi.
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