l'altra sera, parlandomi di sé e dei suoi progetti nel futuro prossimo, una persona mi ha detto: "i'm not done with this world yet".
Questa frase mi ha dato da pensare.
"To be done" vuol dire, letteralmente, "essere stanchi", nel senso di "essere stufi", di gettare la spugna mentre si sta facendo qualcosa perché quel qualcosa non ci ripaga.
Ho iniziato a chiedermi se per caso non fossi stanco io. mi sono risposto in maniera quasi automatica: -lo sono-. Ma nel credere in qualcosa, forse del tutto non lo sarò mai.
Se
la tua indole è dare qualcosa di buono, fare qualcosa di importante per se stessi e per qualcuno, nessuna delusione sarà in grado di cambiarla. una volta
caduta da una scala, poggerai il piede sul primo piolo di un'altra, e
lo sai che potresti cadere anche da quella, ma non t'importa. l'amore
è, in un certo qual modo, una questione di furbizia: devi essere
abbastanza scaltro da capire qual è la scala più forte, quella che
sa reggerti, che vale la pena essere scalata. devi capire in chi
investire il tuo amore. ma non devi smettere di amare.
In questo
senso, so che, forse, non ne uscirò deluso. nessuna scala mi
convincerà che non vale la pena scalarne un'altra. perché ogni
scala è diversa da qualunque altra, ma tutte ti porteranno più in
alto. a vedere e a capire qualcosa che se non avessi intrapreso
quella salita non avresti mai visto e capito.
E quindi, alle porte
del mattino.. sono qui, a farmi sorregge da un gradino, mentre
l'aria fresca preme sul mio volto, e trattengo il fumo nei polmoni
quanto basta, rilasciandolo lentamente. Chiudo gli occhi. Piedi scalzi.
Scale promettenti, più o meno forti chissà.
ma che mi porteranno sicuramente almeno un gradino più in alto di quella miseria alla quale mi avrebbe condannato la paura di cadere ancora.
Abbiate il coraggio di credere al vostro cuore, nelle persone che gravitano intorno alla vostra anima, nella loro bontà, nella loro nobiltà d'animo, alla verità negli sguardi, alla potenza delle parole, dei respiri, dei movimenti stretti.. dei battiti densi del cuore, nelle attese che generano attese, nel silenzio di un tramonto, nel canto del mare, nel "siamo tutto questo, in questo mondo avverso".
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