La luce della luna
ci trovò sopra il tetto
ed Io non parlavo,
e niente che rompeva
la noia dell'attesa,
solo il suono della pioggia che cadeva.
Ed Io,
con la mano alla bottiglia,
facevo dei discorsi da pazzo
e un gallo si mise a suonare la sveglia,
per quanto la notte fosse ancora ubriaca
e Giuda fosse ancora un ragazzo.
E credo che fu in quel preciso momento
che venne da molto lontano un ricordo,
qualcosa di simile a un pianto di madri.
E due angeli vestiti di bianco
scesero con aria stupita
e il vuoto nel cuore.
E aprimmo al pianto le finestre del dolore.
Seduti nella stanza
con la bocca socchiusa,
aggrappati alle nostre sigarette,
aspettavamo l'alba senza troppo interesse,
soltanto per avere una scusa.
E Tu, perduta sul divano,
sembravi una bambina sconfitta
davi una mano contro il muro
eri troppo occupata a contare ricordi sul soffitto.
In fondo alla pianura una linea più buia,
l'esercito degli uomini diversi,
con gli occhi e la bocca pieni di sonno,
aspettava in una buca di due metri.
E noi, dall'altra parte del concetto,
con l'anima in fondo alle gavette,
cacciavamo i pensieri come mosche mortali
e il nostro cervello era bianco.
Il risveglio era fissato per le sette.
perché ci dobbiamo aggrappare a gli altri per vedere l`alba? Vagabondo pesantemente, con me, senza trovare una risposta. Come sempre toccante
RispondiEliminaE i Sigur che fanno da tappeto ci stanno a pennello.
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