tutto quello che avevo bisogno di sentirmi dire è che sono importante.
ma andiamo con ordine.
siamo punto e a capo: sperimentiamo l’abbandono.
dalla parte della
punta, ovviamente, mica da quella del manico, ché non sono mai stato
abbastanza meschino, io, da abbandonare nessuno in tutta la mia vita.
probabilmente perchè conosco bene la rarità di certi sentimenti. è di
per sé un grave delitto calpestare i fiori, nel deserto specialmente.
ma
ho voluto credere che non fosse affar mio, che anche questo non mi
riguardasse, e ti ho accompagnato anche nell’errore, lasciandoti
sbagliare. ché tanto la pelle è la mia. e cosa ne sai tu, analfabeta
d’amore, del sangue che bolle?
e dunque giorno per giorno un altro fardello da trascinare: la
mancanza. delle persone che non tornano per una causa di forza maggiore, e di quelle che scelgono di andarsene per una finta
ragione chiamata paura.
ma la colpa è mia – in fondo sono io quello che si è
catapultato dall’altra parte
forza e coraggio, camminare coi piedi pesanti, memorizzare senza
imparare, scontrarsi con nuove paure, aiutarsi, venirsi incontro e non contro, e che
la competizione è tempo perso.
a piccoli passi fidarsi di persone nuove e seminuove, capitate sulla mia
strada per non so quale dono del cielo, persone sincere che se
m’avessero detto che sarebbero diventate così fidate io non ci avrei
scommesso e adesso lo sono e mi ci gioco il cuore – un’altra volta –
, persone che probabilmente sono sempre state lì ma non le avrei mai
viste se non mi fossi guardato un po’ intorno.
il mio lavoro, la mia famiglia, mia figlia, i miei presunti amici.
ritagliare tanti piccoli nuovi spazi all’interno del cuore, pur sapendo
che c’è un posto che non riempirà nessuno, mai, perchè porta la sagoma
di un nome e soltanto qualcuno ci poteva entrare. prima che cambiassi forma.
poi, un giorno, il coraggio di andare. anche solo per
ventiquattr’ore, partire. allontanarmi da tutto quello che mi stava
facendo bruciare. un’ora di treno. un giorno di aereo, mezz'ora a piedi.
l'altra notte ho fatto uno dei miei sogni da oscar
ero in un luogo
sono stato accolto come se non me ne fossi mai andato, sono stato
portato in posti che mi è sembrato di non aver mai lasciato, e a un
certo punto, davanti al bancone di un bar, al momento di pagare, una persona ha aperto il portafogli ed io l’ho vista. piccola eh, ché già un
portafogli non è che sia grande chissà quanto. ma era lì. una mia foto.
io ero lì, lì dentro, vicinissimo al suo cuore, c’ero sempre stato, e
l’avevo sempre saputo, ma è stato come se me ne fossi accorto soltanto
in quel momento, quando tutto intorno era talmente buio che ho seguito
le uniche luci che se la son sentita di splendere per due, per sé stesse
e per me. consapevolezze che hanno sempre abitato in me, ma sul
fondale, e che al minimo tepore che qualcuno è stato in grado di darmi
sono venute a galla.
tutto quello che avevo bisogno di sentirmi dire è che sono importante.
ho sentito un fiume di epifanie travolgermi come un’aurora. la mia vita
ha assunto un senso nuovo lì, davanti a quel bancone e alle mani svelte
del barista che ci preparava due drink. non importa quanti coltelli io
abbia nella schiena. io sono ciò che ho donato. e finchè continuerò ad
essere così come sono, educato, pulito, sempre ansioso di dare qualcosa e
incapace di fare del male, l’unica cosa che potrà ferirmi sarà
l’ingiustizia etica di non essere ricambiato. per il resto, ho l’ampio
diritto di fottermene di chi va. e di curare chi resta.
e ho capito che nella vita è importante ottenere ciò che si desidera, ma
ancor più importante è ottenere ciò che si merita. perchè l’amore a
senso unico non è un amore a vuoto, ma non ti salverà da niente. l’unico
amore che vale davvero provare è quello ricambiato, perchè amare chi ci
ama è anche amarsi, e non ritenersi così insignificanti da non essere
riamati.
ad un certo punto devi rassegnarti all’amor proprio, volerti del bene e
scegliere qualcosa che sia per te. una città, un lavoro, delle persone
di cui circondarti e una, una sola, di cui poterti fidare ciecamente e
alla quale donare tutta la fiducia che sei in grado di dare. e non è
detto che ti vada bene, ma almeno alla fine potrai dormire sul
sacrosanto cuscino di una coscienza pulita e non ti sentirai vuoto come
chi sa solo prendere, ma pieno della grandezza d’animo di chi sa donare.
non c’è niente che non possa essere cambiato da un momento all’altro,
niente che valga davvero per sempre eccetto ciò che si dona. lo vedi?
nessuno ha un posto fisso, neanche dentro le persone. questo mondo è un
enorme abito da festa e noi siamo spille, non bottoni.
quante vite pensi di avere?
questo è il mio gesto d’amore verso me stesso:
amare chi mi ama. non
c’è più tempo da perdere. essere amato, prima di amare. scegliere, prima
di essere scelto.
tu che intenzioni hai?
quand’è che ti amerai?
continua a perdermi se vuoi, ignoralo pure il puro amore che siamo stati
in grado di provare, ché autentico così non lo ritroverai. ma anche da
questo – non dalle tue bislacche lezioni e ripicche, da questo – io
imparerò.
le persone in cui credevo di più sono state le prime a voltarmi le
spalle e questo non fa piacere, non subito, ma alla lunga sì, perché
insegna.
ora la vedo bene la differenza tra me e tutto il resto,
e penso che sono salvo (o forse no...)
e tutto quello che avevo bisogno di sentirmi dire
è che sono importante