caro Babbo Natale,
quest’anno riportami i miei sogni.
non la probabilità che si
realizzino o meno, no,
non quella.
intendo proprio i sogni.
la capacità
di averli. senza pretese.
senza l’ansia che se non si avverano sono
inutili.
perchè i sogni, io lo so, non sono mai inutili.
anche quando
non si avverano.
servono a riempire la notte.
è come in quei cestini di
Natale in cui sotto il pandoro e lo spumante c’è la paglia finta.
a cosa
serve? a niente. però riempie.
riportami il profumo di stoffa bagnata di sudore,
gli specchi
infiniti,
la fatica e la gioia di meritare qualcosa.
riportami una
persona che mi guardi negli occhi
e non mi interrompa quando le parlo,
una persona che abbia del tempo,
che mi accarezzi i capelli ogni tanto.
riportami la capacità di credere che i miracoli accadono,
vicino o
lontano.
fuori di me, ma anche dentro.
riportami la speranza,
la pazienza,
la dolcezza con gli altri e
l’indulgenza con me stesso,
la fiducia nel domani,
il coraggio di
buttarmi senza la paura di quant’è profondo sotto.
la forza di
presupporre che sì, il primo miracolo sono io.
e portami la forza di
realizzarmi ancora
portami un ginocchio nuovo,
un paio d’occhi buoni che non
s’infiammano,
una gola senza nodi.
un cuore solido, meno attento, meno
suggestionabile.
un pizzico d’amor proprio. giusto un pochino.
e portami un armistizio, una pace armata,
una quiete anche solo
provvisoria con me stesso.
ché sono stanco di combattermi per terra, per
mare e per cielo.
tanto non c’è un cazzo da conquistare.