lunedì 30 settembre 2013




Desirée torna in sé dopo un sogno
Svegliandosi tra gli scoiattoli di una città 

Su una panchina aspetta l'autobus
E si strofina le mani dal freddo che fa 

È una mattina in cui le nuvole battono i taxi in velocità
E le altalene si credon libere di dondolare per propria volontà

Desirée conta sei semafori, 
otto fermate per scendere 

Intanto si fa un viaggio muto con chi ha di fronte 
e quasi si dimentica della realtà 

Per tre fermate ha avuto un complice, 
un cavaliere pronto a difenderla dai draghi alati
Desirée torna in sé dopo questo ennesimo saggio di danza 
con la fantasia, S'incammina in mezzo agli alberi 
sotto a una pioggia di pezzi di fotografia 

In un parcheggio sotterraneo 
tiene un sasso in mano e accelera un po' 

È uno spavento solo momentaneo 
che si dissolve in un gas di scarico
Desirée sulle scale mobili 
mentre una radio lontana trasmette "Fast Car" 

È circondata da soli uomini tutti replicanti di un'unità
Ma se il deserto prevede un'oasi

 ecco che da lontano ne vede già i confini...




domenica 29 settembre 2013




Chiamami Napoleone, chiama anche Cesare e se vuoi chiama chi ti pare
Non c'è più niente qui
Qui da conquistare che non ci siamo presi già

Chiamami Morricone, chiamami Mozart, e se sente chiama Beethoven
Non c'è più niente qui
Qui da musicare a parte un disco dei Modà

Chiama anche Dio, digli che io
Io gli ho chiesto un favore alla volta e lo prego a modo mio
Chissà se lui se lo ricorda...

Chiama anche me, "Ciao, come stai?"
Avrei molte domande da farti ma non le faccio mai,
Non voglio che tu mi risponda

Chiamami la Cardinale, chiama Monica Vitti, e chiama chi sa invecchiare
Tranquillamente qui
Qui di naturale c'è solo il tonno in scatola

Chiamami Sergio Leone, chiama Fellini anche se sogna lo puoi svegliare
Non c'è più niente qui
Qui in questo stivale ridotto a pantofola

Richiama Dio, digli così
Mi aspettavo un messaggio privato e lo aspetto ancora qui
Chissà se lui mi avrà in memoria

Chiama anche me, "Ciao, come stai?"
Ho trovato occupato e ho pensato non ci parliamo mai
Ma questa è un'altra storia.




sabato 28 settembre 2013



En e Xanax 
non si conoscevano prima di un comune attacco di panico e subito
filarono all'unisono. 

Lei la figlia di una americana trapiantata a Roma
e lui un figlio di puttana
ormai disoccupata. 

En e Xanax si tranquillizavano
con le loro lingue al gusto di
medicina amara e chiodi di garofano. 

Lei per strada e lui rubava i libri della biblioteca 
e poi glieli leggeva seduto sopra un cofano.

Se non ti spaventerai con le mie paure,
 un giorno che mi dirai le tue troveremo il modo di rimuoverle.

In due si può lottare come dei giganti contro ogni dolore 
e su di me puoi contare per una rivoluzione. 

Tu hai l'anima che vorrei avere.

En e Xanax quando litigavano 
avrebbero potuto fermare anche il traffico di New York, 
uccidersi al telefono. 

Lei si calmava, 
lui la ritrovava nuda sulla sedia 
e poi sovrapponevano il battito cardiaco. 


Se non ti spaventerai con le mie paure, 
un giorno che mi dirai le tue troveremo il modo di rimuoverle. 

In due si può lottare 
come dei giganti contro ogni dolore 
e su di me puoi contare per una rivoluzione. 

Tu hai l'anima che io vorrei avere.

En e Xanas 
si anestetizzavano con le loro lingue 
al gusto di menta e marijuana e poi si addormentavano. 


E poi si addormentavano, 

e poi si addormentavano, 

e poi si addormentavano. 





venerdì 27 settembre 2013



(riemersione)


In un inverno molto avaro di creatività
Scrivevo una canzone in treno vicino a Modena
Ma poi si cancellò la parte che riguardava te
E fu per me come una morte non ricordare le parole

In un'estate molto dura, di grande siccità
Ti ho scritto una canzone intera e ne resta la metà
Si è cancellato il ritornello che riguardava te
Ogni riferimento, ogni dettaglio, è meglio se non c'è

Fra i due litiganti un terzo incomodo c'è
Si fa avanti un usuraio dei tuoi sentimenti
E te lo dico anche fuori dai denti
Complimenti!

Ti ho dato soprannomi che tu nemmeno sai
Suspiria, Shining, Rosemary's Baby, i primi che pensai
Ma poi queste lenzuola non le ho cambiate mai
Perché mantengono ancora l'odore e le scorie di un sogno

Fra i due litiganti un terzo incomodo c'è
Si fa avanti un usuraio dei tuoi sentimenti
E te lo dico anche fuori dai denti
Complimenti! 







mercoledì 11 settembre 2013




le persone sono sentimenti, 
i sentimenti non sono persone.

le persone sono fumo, 
si propagano nella stanza del nostro cuore 
e prendono le più svariate forme.






domenica 8 settembre 2013


erano anni che ci si svegliava presto per forza, 
che si combatteva coi prof, 
che si pranzava e si cenava agli orari giusti, 
e che il pomeriggio si andava al mare, 
anche con i libri.
 
 i primi anni con la macchina, 
che io ho aspettato come il pane
, perchè un motorino non l’ho avuto mai. 
 
erano gli anni del mio liceo, e se ci ripenso mi rivedo già grande. già serio nelle relazioni. già allora avevo poca voglia di cazzeggiare. mi dovevo dare qualcosa da fare. 
qualunque cosa. 
non avevo tempo per non avere tempo. 
e nonostante qualcosa da fare ce l’avessi sempre, 
son rimasto con tanti di quei propositi irrealizzati che a volte ho paura che tutta la vita non mi basterà. 
era il mio difetto di fabbrica, il marchio che mi contraddistingue.
 io ero impegnato a fare e a pensare tutte quelle cose per le quali i ragazzi della mia età erano ancora piccoli. 
per questo, anche se avevo tanti amici, mi sentivo sempre solo. e spesse volte da solo stavo meglio.


forse un giorno quella gioventù malsana mi esploderà dentro. forse a quarant’anni mi siederò su una panchina di fronte ad un liceo ed aspetterò che un novellino del ginnasio esca da scuola solo per farci due chiacchiere. ma non credo.

ognuno di noi nasce con un’età che rimane per sempre. 
 
spetta al corpo invecchiare
 
 
 
 

sabato 7 settembre 2013



ed è ancora voglia d’evasione. 
è ancora saturare e poi azzerare.
 urlare da morire e poi tacere. 

correre milioni di chilometri 
fare un ultimo sprint tagliare il traguardo prima quinta o ultima non me ne frega niente 
ma godermi il secondo dopo.

 e camminare piano. accanto al mare.

dopodomani l’ennesima valigia.
 stavolta il viaggio sarà lungo e a tappe.
 c’è una maglietta, nel mio armadio, che non indosso da un po’. un regalo di mia madre. 
 e la metterò in valigia, per ricordarmi, appena ne avrò il tempo, che ho un appuntamento con il vento.

e con le chitarre. e con le scarpette. e con i libri. e con le belle canzoni. e col silenzio. e con tutte le cose belle di questo mondo che a volte s’ignorano a torto.

l’unica mia vera ansia è di non averne alcuna.
e non vedo l’ora di sentirmi leggero.





venerdì 6 settembre 2013



ti ricordi i giorni in cui pensavamo che niente avrebbe potuto cambiarci?
sono giorni lontani, isolati dalla malinconia che si son lasciati dietro. giorni che non so collocare, perchè erano giorni senza tempo.
ed a volte ho l’impressione e la speranza che non siano mai esistiti.
ma io me li ricordo bene. e so che te li ricordi anche tu. quei giorni di sole violento e vento salato, in cui bevevamo caffè, e parlavamo di tutto, e facevamo giochi da tavolo, e dividevamo numeri, e non sapevamo che di lì a poco avremmo diviso anche quel noi.




giovedì 5 settembre 2013



che senso ha la fine di un’estate che non è mai iniziata?

ottobre ci ha sorprenderà già malinconici, 
ormai distanti. tra braccia imponenti, 
insignificanti, cinta di pensiero io sono qui.
 e tu, semplicemente, persa, altrove.

 bicchieri d’acqua senza forma, 
senza nome.

senza infamia e senza lode è tramontata la monarchia del sole. 
le notti in riva al lago dei tuoi occhi, 
parentesi selvatiche nelle giornate ipocrite. 

il vento dell’autunno non ci perdonerà mai 
di avergli tolto il gusto di spingerci lontani.

giorno dopo giorno il cielo invecchia, 
ora dopo ora il giorno soccombe. 
e la voglia di scappare, e la vita che c’incastra.

 e la voglia di parlare, 
e la musica che ci tarpa. 

sotto che riparo sei quando su di me piove? 
cadranno mille petali di rose, sì, ma dove?


cercavo di proteggerti, 
ho scordato di proteggermi,

 me ne ricordo adesso e non è tardi, 
ma non ha senso stringersi se si è insaponati di segreti. 

perché si sguscia via.

che cosa stiamo cercando di scaldare? 

che cosa ci è rimasto da salvare?

che senso ha la fine di una storia che non è mai iniziata?





martedì 3 settembre 2013



un giorno Lea tornò a casa che era incazzata, ma incazzata nera, perchè Enrique gliene aveva combinata un’altra delle sue, e dopo essere entrata sbattendo la porta, aver salutato Eva che le scodinzolava intorno, abbandonato la borsa sul mobile dell’ingresso e aver fatto tictoccare gli insulsi tacchi su e giù per il corridoio, instaurò un monologo lunghissimo del quale ad oggi ricordo solo l’excipit: ‘è proprio uno stronzo’. io per un secondo alzai la testa dal mio libro di derecho eclesiastico, ma non guardai lei. guardai la finestra, la cornice della parete bianca, il vetro e quello che c’era oltre. la vita fuori. e dissi ‘ti metti con una persona, ti lasci con un’altra’.
e quel momento mi ritorna in mente oggi, come ieri, come da tre settimane a questa parte. perchè è vero, cazzo. è troppo vero: quando ti ho conosciuto tu non eri così. quando ti ho conosciuto sapevi prenderti cura di me nonostante te. quando ti ho conosciuto sapevi ancora fidarti di me. possibile che adesso tutto quello che ti riesca sia abbandonarmi in mezzo a queste sabbie mobili e sperare che si richiudano da sé?
la cosa che mi fa più male è che non posso incolparti di un cazzo. non posso dare a te la colpa del fatto che il mio erasmus sia andato a puttane, che io non abbia ancora trovato una casa da comprare, che le cose mi vadano male col lavoro, che l’università non mi piaccia più e che per la prima volta io mi stia davvero chiedendo ‘ma io che ci faccio qui se ci sono così tante cose che so fare meglio?’, che abbia comprato un libro in francese (guarda un po’, Le petit prince) ma non abbia questa gran voglia di partire per Parigi perchè la mia prima volta a Parigi la immaginavo diversa – no non ho detto con te ho detto solo diversa, che io mi stia trascurando, che mi senta sola, che continui a rinchiudermi nella mia cinefilia e, quando esco, ad aggrapparmi a posti e persone sbagliate continuando a sperare in quel chissàccheccazzocosa che non arriverà mai perchè è come cercare una costata di vitello in pescheria. che io non abbia una vita normale come vorrei, perchè quello che voglio in fondo è proprio questo: una vita normale. non più per fretta di crescere, ma per esigenza di sopravvivere. svegliarmi presto, lavorare, studiare, mangiare senza appesantirmi e senza vomitare, passare tutti gli esami che devo passare, guadagnarmi i miei soldi, scansare gli sbagli. sorridere, anche quando rimango da sola. avere accanto qualcuno che ci sia, non qualcuno che mi dice ‘io ci sono’, ma qualcuno che ci sia per davvero.
ed essendo in due, e non essendo tua, allora la colpa deve essere mia. ricordi? ‘se non sei felice è tutta colpa tua’. la scattai pensando a te, e invece vale per me. se non sono felice è tutta colpa mia. non tua. mia.
e intanto mi manchi, cazzo, mi manchi da morire. ma non so in che lingua urlare il tuo nome.
e poi mi manca il vecchio te. mica il nuovo.
il nuovo chi lo conosce?