lunedì 28 ottobre 2013




mi manca tutto quello che ho avuto, 
ma ancor più mi manca tutto quello che non ho avuto. 

mi mancano tutte le piccole cose che abbiamo avuto il tempo di fare, 
ma ancor di più mi mancano tutte le piccole cose che non abbiamo avuto il tempo di fare. 

mi manca tutto quello che ci ha tenuti insieme, 
e ancor più mi manca tutto quello che non ci ha tenuti insieme. 

 mi manca, 
mi è mancato, 
e ancora mi mancherà. 

ma come avrei potuto chiederlo a te? 
sono lacune, queste, che solo una persona speciale può riempire. riservarti quel posto sarebbe stato una forzatura, 

una violenza




domenica 27 ottobre 2013



ho pensato al mio amore come ad un fluido, 
e alle persone come dei recipienti. 

ampolle delle dimensioni più varie e disparate, 
in cui versarne, un po’ ciascuna, 
e vedere che forma prende. 
e divertirsi a constatare quante diverse forme possa prendere, 

a seconda del recipiente in cui lo verso. 


ho pensato ai fatti della vita come piccoli grandi terremoti, 
che scuotono la tavola imbandita su cui poggiano i recipienti.

 in ogni ampolla osservo le vibrazioni in superficie, 
le oscillazioni scorrevoli,
 i cerchi concentrici. 

con la curiosità e la pazienza di chi osserva un moto. 
aspettando come va a finire

.
capita che qualche volta le scosse siano troppo forti, 
e un recipiente si sposti, 
si avvicini al bordo, e cada. e si rompa

.
e il mio amore si sparga sul tappeto pregiato che chiamiamo tempo. 
ma è inutile piangere sull’amore versato. 


ho pensato al mio amore per te come a un fluido. 
e ciò che è liquido non si comprime. 

tutto quello che posso fare è
aspettare che evapori. 




sabato 26 ottobre 2013



sì. sei proprio un’ampolla rotta.
perchè ogni volta che ti tocco, mi taglio.
e il sangue sfila come un vedovo innocente.







venerdì 25 ottobre 2013



è che certe cose ti minano dentro. 
e all’inizio sono solo crepe, 

ma se non le sani subito diventano voragini. 
e te ci sprofondi. 

e ci sto sprofondando anche io. 
dritto, giù, nella mia consapevolezza di essermi chiuso sempre di più, 

sempre di più, 
fino a non fidarmi più nemmeno di me stesso. 


un paio di nomi sul fondo del cuore, 
ma marchiati a fuoco. 

non posso maledirmi per questo. 
ho fatto quanto di più umano a questo mondo: 

 amare. dovrei forse farmene una colpa? 





com’è che funziona col cuore?




giovedì 24 ottobre 2013



_dunque tornare.


richiudere la valigia. 
riaprire una dimensione. 

lasciare tutto in ordine. 
lasciare un biglietto. 
lasciare la chiave sotto il tappeto. 

 lasciare. 

in preda a bulimia letteraria cercare nelle parole di Benni, Scarpa e Ammaniti le sensazioni che non so descrivere. 
o il loro contrario.

senza musica, 
senza parole, 
senza discorsi con la ragazza alla mia sinistra. 
leggo. da solo. [si è sempre soli quando si legge.] 

le parole sono piccoli segnali 
luminosi che senza il buio del silenzio non riuscirei a distinguere.

e poi lingua tra i denti e gola stretta e altri fonemi.
 aereoporto pulito, 
la gente annoiata, 
il freddo-non-freddo di questo posto. 

attraversare la strada e pensare: 
è l’arrivo. 

tentare di catalogare. 
 quante volte in vita mia sono partito, sono ritornato? 
quante volte in vita mia sono partito? una al mese? due? non le conto più. non le ricordo più.


trascinare la mia vita come fosse una valigia.
 il problema è: cosa c’è dentro?


quando l’ho aperta forzando lucchetti chiamati abitudini 
tu eri lì con me. 
hai visto un vuoto giusto in mezzo, 

tra magliette e libri, 

e m’hai detto: ‘lo riempiamo’. perciò,


grazie.




mercoledì 23 ottobre 2013



nonostante i numerosissimi viaggi della mia vita, 
credo che questi lunghi giorni siano stati il periodo più lungo che io abbia mai trascorso lontana da casa. 

o forse mi sembrano tali 
perchè questa volta ero lontano davvero.

e non è una questione geografica. 
mi sono ritrovato sì dall’altra parte del continente, 
ma da solo (almeno dentro), con una lingua che non conosco, 
sempre per mia scelta. 

con la vita tra le mani 
e niente guanti e mi pungevo.

poi ho staccato le spine.


se ripenso a mesi fa mi vedo come una matita.
 pagine e pagine di vita vissuta, 
consumando la mina, 
fino al legno. era ora di temperare.

e adesso è diverso. perchè stavolta, per la prima volta, in quel paese ho liberato molti pensieri stretti.

  ed ora, da domani, qualunque cosa sia, non potrà farmi male. 

perchè io sono appuntito.
e scriverò.




martedì 22 ottobre 2013




sono sempre stata un bambino fantasioso. 
ho imparato a leggere e a scrivere a due anni. 
a tre scrivevo favole, 
poesie e canzoni. 
non ero in grado di scriverne la melodia, e tutt’oggi non lo sono, ma la melodia era nella mia testa, ed era così chiara che non sentivo il bisogno di scriverla, e tutt’oggi non lo sento. 

la fantasia è sempre stata il motore della mia vita. senza di essa, non lo so, come sarebbe stata la mia vita, sempre che vita fosse stata. 
la fantasia è una pessima padrona, ma può essere un’ottima serva. 
ed io me ne sono servito per tirarmi fuori dagli antri più bui della mia vita reale. 

combattendola con l’immaginazione. 
sconfiggendola con poca o nessuna fatica. 

per questo la ritengo di gran lunga più importante della conoscenza. 
perchè sono convinto che mi salverà. 

fatti non fummo a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza, 
credo fermamente, per citare il Sommo. 
ed io sono sempre stato munito di una certa curiositas intellettuale.
mi interessano gli aneddoti, le spigolature, le cause e le conseguenze. 
mi interessa sapere. 

ma la conoscenza è un arma a doppio taglio. 
è qualcosa che amo e temo al tempo stesso. 

la amo perchè mi permette di conoscere infiniti luoghi fisici e spirituali, 
di viaggiare senza mai spostarmi e di conoscere migliaia di persone senza mai vederne i volti. 

mi fornisce spunti di pensiero, di dialogo, di confronto. 

ma al tempo stesso la temo, perchè temo che uccida la mia fantasia. 
sì. mi capita spesso di leggere, vedere o ascoltare cose che la mia immaginazione ha già prodotto. 
storie che avevo già immaginato, 
frasi che avevo già in mente di scrivere, 
fotografie che avevo già in mente di scattare. trame che il mio cervello aveva già tessuto. 


quindi me ne guardo bene. 
ricordo tutto, 
ma con relativa passività. 
archivio tutto, ma per l’appunto archivio. 

tengo in ordine i cassetti, 
ma non lascio mai nulla di aperto sulla scrivania.


e adesso è la rivoluzione. 
in queste giornate surrali,
metropolitane,
di caos, di luci, di puro viaggio interirore.. 
in cui i volti della gente che incrocio, mi lasciano in bocca il sapore di storie
già scritte e le carte dei libri che compro razzolano per le strade vagabonde, 

il mio gulliver ha iniziato a girare ad una velocità spaventosa. 
coinvolgendo tutto ciò che contiene. 

e ci sono idee, 
pensieri, 
ricordi, che altrimenti rimarrebbero in chissà quali angoli. 

lontano dal nucleo. 


invece vengono risucchiati dal moto che vi si sta consumando nel mezzo. 

risucchiati, e rispolverati, 
e riesaminati, e rivalutati. 
e riproposti vivi. 


è la mente che grida alla rivoluzione. 
era questa, la rivoluzione che aspettavo?



auguri_




 

lunedì 21 ottobre 2013




paradossi. 
vecchi difetti. 

lembi di paradi. 
schegge d’inferno. 


il destino si diverte. 
l’imprevedibilità delle persone le rende specialmente pericolose. 
e pericolosamente speciali.




quando ero ragazzino volevo suonale la batteria. 
vivevo con la musica musica dentro, 

vivevo, come adesso, di note musicali. 

dalla musica imparavo un sacco di cose. 
come si affronta la maturità, 
come funziona la vita, 
che cos’è uno special. 
come nasce una canzone.
come nasce un amore. 


un giorno abbracciai una canzione
e lei mi strinse più forte. 

e mi disse una cosa che credo ricorderò per sempre. 
quando nell’abbracciare qualcuno o qualcosa si sospira, 
è per cercare di riempirsi dell’essenza dell’altra persona o cosa. 

come cercare di fare spazio dentro di sè, 
per prendere quanto più possibile di lei. 
è perchè ci tieni. 
perchè non la vuoi perdere.

perchè non la vuoi perdere.


avevo pensato di volermi fermare. 
lo avevo detto. 
adesso so che devo proprio farlo. 

non sono sicuro che il mio destino conosca la mia strada meglio di me. 
e non mi sento libero.
 non mi sento me. 
sono imprigionato ovunque 
e tuttavia in nessun luogo. 


imprigionato nella mia voglia di viaggiare, 
che volta per volta mi porta via dalla continuità che vorrei dare ai miei gesti, 

ai miei rapporti, 
alle mie abitudini.

la mia libertà 
è la mia gabbia.


e sto stringendo e scuotendo le sbarre, 
quando dovrei solo aprire la porta. 


e fermarmi.




domenica 20 ottobre 2013



a me non interessa dove sei. 
non ti verrò a cercare. 

ma voglio tenerti come un’abitudine. 
voglio poter sentire la tua assenza. 

non dover dire mai ‘mi manchi’. 

voglio incontrarti, 
goderti e raccontarti di me. 

ogni domenica mattina. 
in ogni parte del mondo 

e siccome il miglior modo di trattenerti è fingere di averti ancora qui,

entro in questa enorme stanza 
di un posto hai cinfini del mondo

 
  scelgo caffè. 
 latte. 
biscotti, 
ciambelle, 
zucchero e miele. 

mi vivo questa  colazione. 

  mi siedo. mi avvicino al tavolo. 

e sorridendo guardo i grattacieli da questa finesta. 



buongiorno. 




sabato 19 ottobre 2013



è comico il silenzio che c’è attorno a me 
mentre l’anima grida.


quest’anima ingorda stanotte grida il tuo nome. 
ti cerca nel buio. 
la tua pelle come un candido lenzuolo. 
il tuo profilo, 
il tuo profumo,
 il tuo collo bianchissimo 
da avidamente risalire come una corrente elettrica letale. 
poi il lobo, l’orecchio, i capelli, 
quei capelli in cui stringo i miei pugni.
 le labbra, dio, le labbra. quelle due sponde perfette 
su cui lasciar infrangere le mie tempeste. 
e denti feroci in una smorfia. 

mordimi, se hai coraggio. 
e poi, poi lasciami sbranarti.


voglio ruggirti addosso,
 ma senza spaventarti. 
voglio sfidarti e non farti arretrare, 

alzare la posta 
e di volta in volta vederti lottare per sostenere il mio gioco perverso. 

è una partita senza vincitori nè vinti.


 soltanto noi. avidi. 

amanti.



venerdì 18 ottobre 2013



io nella vita non son mai stato puntuale.
 non sono mai arrivato in tempo, 

mai da nessuna parte. 
o quaranta minuti di anticipo, 
o un’ora di ritardo. 

molte persone me ne rimproverano, 
e a volte s’incazzano, 
e hanno ragione. 
e a me dispiace,

 ma non posso farne a meno. 
io son così. 
 tremendamente in anticipo, 
o irrimediabilmente in ritardo. 

e sarò sadico, ma ne vado fiera. 
perchè mi pare sempre che la gente puntuale sia gente che non ha altro da fare se non rispettare degli orari. 

gente che si annoia.

 
tuttavia, non è questione d’orologio.
 anzi. 
gli anacronismi legati a ore, 
minuti e secondi sono, 
al confronto, pressappoco insignificanti.

 i veri anticipi e i veri ritardi 
io li colleziono altrove. 

nei comportamenti, 
nelle aspirazioni, 
nelle decisioni, 
nelle conclusioni. 
e soprattutto nelle relazioni. 

mi capita di innamorarmi di persone troppo grandi o troppo piccole, 
troppo avanti o troppo indietro, 
troppo lontane o troppo vicine.

 mi capita di arrivare nella vita di chi amo 
e di entrarci troppo presto o troppo tardi.


chi arriva nella mia, 
invece, sembra esser sempre in tempo per farsi amare.


perchè in fondo cos’è l’amore 
se non una questione di tempismo?





giovedì 17 ottobre 2013



io continuo utopisticamente a sperare che il feisbuc non sia davvero lo specchio dell’umanità, 
perchè altrimenti, gente, tra quelli che smettono di fumare perchè non fa più moda 
e quelli che passano la notte in coda da H&M per accaparrarsi il primo capo di Lanvin, siamo di fronte all’inarrestabile declino della civiltà occidentale.


poveri schiavi.

chè io l’umanità la amo. 

è la gente che proprio non sopporto.




mercoledì 16 ottobre 2013




A mia volta mi fido del mondo
non ti dico le botte che prendo
Non c'è modo di starsene fuori
da ciò che lo rende tremendo e stupendo.

La canzone rimasta nel vento
le sorprese che fa il firmamento
ed i primi che mangiano tutto
e gli ultimi pagano tutto quel conto

per il cielo è un po' presto
per l'inferno non c'è posto
per qualcuno è solo buio pesto

a mia volta ti apro la casa
e ti trovi davanti un vampiro
che a mia volta devo succhiare
tutto l'amore che riesco a rubare per me

la linea sottile fra baciare e mangiare
la linea sottile fra venire e partire
c'è una linea sottile
fra star fermi e subire
cosa pensi di fare?
da che parte vuoi stare?

A mia volta non smetto di andare
anche se non si sa ancora dove
a mia volta invecchio alla svelta
perché non rinuncio a una certa illusione
una faccia che sembra destino
ed un vecchio che torna bambino
e traguardi che sono partenze
e un tramonto che è come un mattino

per il cielo è un po' presto
per l'inferno non c'è posto
per qualcuno è solo l'antipasto

a mia volta mi lascio un po' stare
e mi faccio un periodo di mare
che a mia volta non è che mi cerco
che poi non si sa cosa posso trovare da me

la linea sottile fra il tuo bene e il tuo male
la linea sottile fra dormire e sognare
c'è una linea sottile fra tacere e subire
cosa pensi di fare?
Da che parte vuoi stare?

Vuoi vedere che non era niente
vuoi vedere che era già tutto lì
vuoi vedere che è venuto il tempo
e che è facile cosi

fra la voglia e il piacere
fra la noia e il bicchiere
c'è una linea sottile fra aspettare e scoppiare
cosa pensi di fare?
Da che parte vuoi stare?

la linea sottile fra baciare e mangiare
la linea sottile fra venire e partire
C'è una linea sottile
fra star fermi e subire
cosa pensi di fare?
Da che parte vuoi stare? 




martedì 15 ottobre 2013



Viaggiare partire viaggiare viaggiare partire Viaggiare partire viaggiare partire partire viaggiare viaggiare partire partire viaggiare non fermarsi mai chilometri che sotto il culo passano e allontanano i guai viaggiare, vedere tutti gli angoli della terra rincorrere le estati farsi rincorrere dalla guerra che hai nel cuore correre più veloce del dolore come un jet supersonico precedere il tuo stesso rumore e fare in modo che non ti raggiunga mai viaggiare al volante di una macchina scassata che per ogni chilometro in più é un gloria al padre e fare una telefonata a tua madre, dire é tutto a posto ritorno per Natale ad ogni costo partire viaggiare agosto dopo agosto ...
allontanare ancora un po' le responsabilità come in una crepa in una barca che prima o poi ti allagherà e sarà forse troppo tardi per rimediare partire viaggiare non dimenticare fotografare il mondo in movimento che si ripeterà ma chissà dove chissà quando partire e vivere cercando e ballando si ritmiche diverse e su diversi accenti ballare sopra i fusi orari e sopra i mutamenti di clima scalare la cima e poi scendere a valle una dieci cento mille miglia coi piedi per bagaglio e il mondo per famiglia mangiare le cucine dei paesi più lontani con le forchette con i bastoncini con le mani i paesi più lontani, ma lontani da che lontani da cosa lontani da dove con le radici nel tuo cuore e i rami nell'altrove partire col sole sempre in faccia ad ogni costo agosto dopo agosto...
Viaggiare sentirsi Marco Polo sentirsi molto solo qualche volta sopra un treno dentro uno scompartimento pieno di facce che non sai che non saprai confini di solitudini che non cadranno mai, che tu non rivedrai mai scambiare quattro chiacchiere in lingue che non sai comunicare con un semplice sorriso o con un gesto solo scoprirsi Marco Polo e non sentirsi solo tra gli umani stringere milioni di mani in ogni posto agosto dopo agosto... Viaggiare attraverso il suono, buono, il basso che é un tuono viaggiare attraverso la musica attraverso la cultura la scoperta della natura e di sé, viaggiare nei perché viaggiare in Internet o sopra un jet o in bicicletta o a piedi e muoversi rimanendo fermi sul posto agosto dopo agosto... 








lunedì 14 ottobre 2013

road to China #love




La linea d'ombra la nebbia che io vedo a me davanti per la prima volta nella vita mia mi trovo a saper quello che lascio e a non saper immaginar quello che trovo mi offrono un incarico di responsabilità portare questa nave verso una rotta che nessuno sa è la mia età a mezz'aria in questa condizione di stabilità precaria ipnotizzato dalle pale di un ventilatore sul soffitto mi giro e mi rigiro sul mio letto mi muovo col passo pesante in questa stanza umida di un porto che non ricordo il nome il fondo del caffè confonde il dove e il come e per la prima volta so cos'è la nostalgia la commozione nel mio bagaglio panni sporchi di navigazione per ogni strappo un porto per ogni porto in testa una canzone è dolce stare in mare quando son gli altri a far la direzione senza preoccupazione soltanto fare ciò che c'è da fare e cullati dall'onda notturna sognare la mamma... il mare.
Mi offrono un incarico di responsabilità mi hanno detto che una nave c'ha bisogno di un comandante mi hanno detto che la paga è interessante e che il carico è segreto ed importante il pensiero della responsabilità si è fatto grosso è come dover saltare al di là di un fosso che mi divide dai tempi spensierati di un passato che è passato saltare verso il tempo indefinito dell'essere adulto di fronte a me la nebbia mi nasconde la risposta alla mia paura cosa sarò dove mi condurrà la mia natura? La faccia di mio padre prende forma sullo specchio lui giovane io vecchio le sue parole che rimbombano dentro al mio orecchio "la vita non è facile ci vuole sacrificio un giorno te ne accorgerai e mi dirai se ho ragione" arriva il giorno in cui bisogna prendere una decisione e adesso è questo giorno di monsone col vento che non ha una direzione guardando il cielo un senso di oppressione ma è la mia età dove si sa come si era e non si sa dove si va, cosa si sarà che responsabilità si hanno nei confronti degli esseri umani che ti vivono accanto e attraverso questo vetro vedo il mondo come una scacchiera dove ogni mossa che io faccio può cambiare la partita intera ed ho paura di essere mangiato ed ho paura pure di mangiare mi perdo nelle letture, i libri dello zen ed il vangelo l'astrologia che mi racconta il cielo galleggio alla ricerca di un me stesso con il quale poter dialogare ma questa linea d'ombra non me la fa incontrare. Mi offrono un incarico di responsabilità non so cos'è il coraggio se prendere e mollare tutto se scegliere la fuga od affrontare questa realtà difficile da interpretare ma bella da esplorare provare a immaginare cosa sarò quando avrò attraversato il mare portato questo carico importante a destinazione dove sarò al riparo dal prossimo monsone mi offrono un incarico di responsabilità domani andrò giù al porto e gli dirò che sono pronto a partire getterò i bagagli in mare studierò le carte e aspetterò di sapere per dove si parte quando si parte e quando passerà il monsone dirò levate l'ancora diritta avanti tutta questa è la rotta questa è la direzione questa è la decisione.

domenica 13 ottobre 2013




Sono stato in cura per degli anni
da un analista sordomuto
che mi aiutava con dei cenni e molta buona volontà
a riprendrmi dai traumi che avevo avuto
in un'altra vita.

Sono stato in cura per degli anni
da un analista logorroico
che mi privava dei commenti
quando mi raccontava
la sua storia nei dettagli da paranoico senza prospettiva.


Rit: C'è troppa pioggia e sto perdendo quota
attraversando vuoti d'aria tra le nuvole.
Se piango in acqua non si nota
e in mezzo agli altri si consiglia di sorridere.

A volte io ho paura di voi più che della solitudine.

Sono stao in fuga per degli anni
ero il fantastma di me stesso
un Don Giovanni nel deserto
che si bruciava l'anima
quante volte nei ricordi mi ero già perso
ma così mai prima.

Sono stato solo per degli anni
guadrdavo il mondo dagli specchi
che ripetevano i miei sbagli
tutte le mie fragilità
poi di colpo qui d'avanti con i tuoi occhi
ho una via d'uscita.

Rit: c'è poca pioggia e sto aspettando un fuoco
una scintilla che mi accenda nella cenere
un'alba in questo buio cieco
sulla tua pelle ritornare ancora a scrivere.

A volte io ho ancora paura di chi sia solo una mia immagine.


Alla chitarra ho messo corde nuove
uscite fuori come code di lucertole,
e ho messo in fila le parole
dalla tua bocca alla mia facendo ordine.

A volte io ho paura di voi più che della solitudine.

A volte io ho paura di voi più che della solitudine,






m adesso sono pronto: per partire







 

sabato 12 ottobre 2013



da qualche anno leggo l’oroscopo di Rob Brezsny su L’internazionale. 

mi piace perchè non è il solito oroscopo. 
è evidente che è scritto da una persona creativa oltre che colta. 
il tipo di persona dalla quale io amo leggere, 
fosse anche la sua lista della spesa.

l’oroscopo si apre con una didascalia che assegna al lettore un incarico, 
una piccola missione per salvare se stesso. 

questa settimana diceva così:

7/13 ottobre 2012 – Compiti per tutti. 

Che succederebbe se non ti sentissi costretto ad avere un parere su ogni questione importante? Vivi libero da opinioni per una settimana.


la ragione per la quale mi sento toccato è molto semplice: 

ho passato tutta la vita ad essere vittima di opinioni altrui.

adesso sto cercando di liberarmi dalla mia opinione più grande: 
la convinzione che chiunque ne abbia una su di me.



io, ingenuo.





venerdì 11 ottobre 2013



non ci sono altre vie, 
e indietro non si torna. 

la strada è una, 
 lunga, 
dritta. 
e c’è soltanto lei. 


e un coraggio da prendere a quattro mani. 
ed io ne ho due. 

le vostre ho smesso di cercarle. 
adesso non servono più

.
troverò il modo di andare.


(o di tornare?)




giovedì 10 ottobre 2013



quando corri verso il traguardo anche se qualcun altro l’ha già tagliato

quando piangi sul latte versato

quando aguzzi la vista e comunque non vedi

quando dici ‘ho smesso’ e ti tremano i piedi

quando ami una persona e sei destinato a perderla

quando guardi la valigia aperta ai piedi del letto e non hai voglia di chiuderla

quando vai in un altro Paese e ti accorgi che non sarà mai tuo

quando torni nel tuo Paese e ti accorgi che non è tuo

quando leggi un per sempre e pensi ad un mai

quando ti guardi intorno e ti chiedi dove sei

quando fuori c’è la neve, e tu sogni il mare

quando la gravità ti tiene a terra, 



e tu sogni di volare.








mercoledì 9 ottobre 2013



ci sono dei giorni, 
dei momenti, in cui sento il tuo odore. 

non il profumo, quello che indossi, quello artificiale. 
l’odore. 

il tuo odore naturale. 
quello della tua pelle sudata sotto le coperte troppo pesanti 
 quello dei tuoi capelli caldi di phon. 
quello che c’è nel tuo armadio, coperto dall’odore delle tavolette di legno di cedro. 

lo sento dappertutto, 
come una promessa non mantenuta. 

non riesco a liberarmene.
 e mi sembra di impazzire. 

e allora il ricordo diventa assenza, 
nostalgia, 
ossessione. 
stringo i pugni. 
e più forte li stringo, 
più soffro perchè sono vuoti. 

sono pugni stanchi di sogni interrotti, 
pugni pieni di assenze ingombranti.

io non voglio parole. 
non voglio gesti. 
non voglio telefoni, 
 internet, 
posta. 

voglio la comunicazione, 
non i mezzi. 

voglio il contatto fisico, 
quello che mi guardo bene dall’avere con estranei 
 perchè io tocco chi dico io
 e solo chi dico io mi può toccare. 

voglio carne, 
mani, 
ossa. 
carezze. 
lividi. 
segni tangibili. 

dare un nome alle cose. 
guardarle in faccia. 

scrollarle quando vanno educate. 

prendere e dare baci 
o schiaffi. 

perchè è così che si vivono le cose. 
scontrandocisi.


non me ne faccio niente, io, dell’aria.


eppure senza morirei.


ci sono fantasmi 
dei quali non si può fare a meno.



martedì 8 ottobre 2013




a volte penso che avrei potuto restare. 
voglio dire, nessuno mi ha mai imposto di andarmene,
mettermi a studiare e a lavorare insieme, 
farmi carico di pensieri che prima non erano miei 
e abbandonarne degli altri che mi sono appartenuti da sempre. 

avrei potuto tranquillamente restarmene lì, 
in quella lingua di terra rovente, 
 circoscrivendo la mia vita ad una ben più piccola penisola, 
lasciando che le cose mi accadessero anzichè farle accadere. 
lasciando che i brividi dormissero e che le persone giudicassero.

avrei potuto.
ma anche no.

io non sono fatto per restare



lunedì 7 ottobre 2013




Ecco spuntare da un mondo lontano l'ultimo mostro peloso e gigante
l'unico esempio rimasto di mostro a sei zampe
Quanto mi piace vederlo passare, cosa farei per poterlo toccare
io cosa farei...
Dicono che sia capace di uccidere un uomo
non per difendersi, solo perché non è buono
Dicono loro che sono scienziati affermati
classe di uomini scelti e di gente sicura
Ma l'unica cosa evidente è che il mostro ha paura
il mostro ha paura...
E' alla ricerca di un posto lontano dal male
certo una grotta in un bosco sarebbe ideale
ma l'unico posto tranquillo è quel vecchio cortile
l'unico spazio che c'è per un grande animale
Dicono "Siamo in diretta..." lo scoop è servito
"...questa è la tana del mostro, l'abbiamo seguito"
Dicono loro che sono cronisti d'assalto
classe di uomini scelti di gente sicura
Ma l'unica cosa evidente
l'unica cosa evidente è che il mostro ha paura
il mostro ha paura...
Basta passare la voce che il mostro è cattivo
poi aspettare un minuto e un esercito arriva
bombe e fucili ci siamo, l'attacco è totale
gruppi speciali circondano il vecchio cortile
Dicono che sono pronti a sparare sul mostro
"Lo prenderemo sia vivo che morto sul posto !"
Dicono loro che sono soldati d'azione
classe di uomini scelti e di gente sicura
ma l'unica cosa evidente è che il mostro ha paura
il mostro ha paura...
Vorrebbe farsi un letargo e prova a chiudere gli occhi
ma lui sa che il letargo viene solo d'inverno
riapre gli occhi sul mondo, questo mondo di mostri
che hanno solo due zampe ma sono molto più mostri
Gli resta solo una cosa
chiamare il suo mondo lontano
lo fa con tutto il suo fiato, ma sempre più piano...
Vorrei poterlo salvare, portarlo via con un treno
lasciarlo dopo la pioggia, là sotto l'arcobaleno..






domenica 6 ottobre 2013




Rimango a farmi tenerezza,
perché è cambiato il giorno
ma non tutto l'odio
che vedo qui intorno.
Ma quale ironia, servono soldi, muscoli e strada da fare per dimenticare

Tramonterai da solo come tutte le luci del mondo
Ti guarderò attraverso senza chiederti dove ne quando
Mi stupirò piangendo a non riconoscere il sole che un tempo splendeva e che adesso muore

Muore la stagione della falsità
Muore l'illusione , muore la mia età
Muore anche l'amore per un dio minore,
muore quel miracolo a metà.
Muoiono i dolori della gioventù,
Muoiono i ricordi e tu non sei più tu
Muoia questo regno oggi non ho più bisogno di un sovrano su di me

Non c'è ragione in questa pena, in me che aspetto un'attenzione distratta, un'ultima cena.
Finisce qui , prendete pur il posto
silenzio signori che adesso il re muore!

Saprò restare solo
nei miei occhi le luci del mondo
le guarderò attraverso senza chiedermi dove ne quando.
Mi sorprenderò ridendo a non riconoscere il sole
che un tempo splendeva e che adesso muore!

Muore la stagione della falsità
Muore l'illusione muore la mia età
Muore anche l'amore per un dio minore
Muore quel miracolo a metà
Muoiono i dolori della gioventù
Muoiono i ricordi e tu non sei più tu
Muoia questo regno oggi non ho più bisogno di un sovrano su di me

Muoiono i dolori della gioventù
Muoiono i ricordi e tu non sei più tu
Muoia questo regno oggi non ho più bisogno di un sovrano su di me.